L’Amicizia

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Com’è bello circondarsi di amici. Di quelli veri però. Più passano gli anni, più sento la necessità di avere intorno persone con le quali condividere affetto sincero. Esistono più categorie di amicizie, ognuna col suo tipo di approccio. La più solida è certamente quella con una frequentazione costante, costruita su rapporti ravvicinati nei quali ci si confronta costantemente, confidandosi problemi, dolori, gioie e avventure di vita. Emozioni che permettono di conoscere ogni aspetto dell’altro, connessi nel quotidiano, in un continuo aggiornamento di flirt, amori o anche sprazzi di solitudine. Il confronto diretto aiuta lo scambio interpersonale e, per essere efficace, va alimentato da ambo le parti. Non occorre devozione, bastano anche piccoli gesti.

Meno incisive, ma altrettanto importanti, sono le amicizie saltuarie, quelle meno assidue, assolutamente da non sottovalutare. Un bagaglio necessario da conservare comunque con cura. Spesso infatti si hanno amici con i quali ci si sento poco, per abitudini differenti o la distanza, ma mantenere certi legami, serve a potenziare il nostro animo, alla ricerca inconscia di continuo affetto. Basta ritrovarsi anche dopo anni infatti, per accorgerci che il tempo è come se non fosse mai passato, e ci si ritrova affiatati con la sintonia di sempre. Questo accade anche con persone incontrate solo una volta nella vita in occasioni particolari, con le quali ci si continua a seguire sui social o su Whatsapp. Ciò che conta è la scintilla creata in quel breve incontro. Se è stato piacevole e spontaneo, si resta comunque uniti nel tempo. Bello e, perché no, anche profondo.

Certo, questo tipo di correlazione affettiva non è paragonabile ad un rapporto coltivato giorno dopo giorno, ma a me piace lo stesso, perché conferma che l’amicizia, anche se con risvolti assai  diversi,  custodisce  valori  molto  significativi,  a  prescindere  dalla  durata,  dalla frequentazione e dagli eventi.  Quando scopriamo finalmente di  avere  questa  fortuna,  realizziamo  con soddisfazione, che non manca poi molto per sentirci appagati.

Vacanze anni ’70

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Com’erano belli gli anni ’70 quando da pischella frequentavo d’estate Capri e Ischia. Appena presa la maturità, come premio i miei mi mandarono in vacanza da mia zia e mia cugina ad Ischia. Il giorno io e lei andavamo al mare sul tardi, ogni volta in una spiaggia diversa, oppure in barca con gli amici. Erano tempi spensierati e ci si divertiva con poco. Bastava una pizza, la musica, un gelato e tante risate. Non mancavano certo gli innamoramenti, spesso non ricambiati, ma anche quello faceva parte del gioco. A diciassette anni struggersi per amore è d’obbligo. Un tirocinio dal quale non puoi sottrarti. Serve ad allenarci per i dolori veri, quelli che arriveranno dopo.

La sera era comunque il momento più atteso, quando cioè si andava a ballare. Noi eravamo ancora piccoline, quindi sulla carta avevamo un orario da rispettare. Per fortuna però mia zia non era un’arpia e ci permetteva di sforare. Il punto di raccolta era lungo Via Roma e da qui ci si incamminava verso “Il Castillo” lo storico Castello D’Aragona, che all’epoca era il ritrovo per eccellenza. Una discoteca all’aperto davvero magica, a cui si arrivava tramite un ponte in mezzo al mare. A metà strada si cominciavano ad intravedere le lucette dei due piani inferiori, dove si sviluppava il cuore del locale. Qualche volta abbiamo anche cenato al ristorante, solo quando ci invitavano però, perché all’epoca era roba da vip. Una volta arrivati, si sceglieva il divanetto per la serata. Era un punto fondamentale, non solo per poggiare borse e borsette, ma perché lì poteva accadere qualsiasi cosa. Ogni divano era coperto da grandi cuscini a righe, uguali alle tende che incorniciavano quell’angolino. Una volta presa la postazione, ti guardavi attorno per sbirciare chi c’era e se non vedevi chi ti interessava, iniziavi a puntare l’ingresso con ansia cosmica. Le ragazze erano tutte in perfetto stile figlie dei fiori, gonne lunghe alla zingara, pantaloni a zampa, accessori vistosi e tanto colore. Al bar potevi chiedere i drink tipici dell’epoca, whisky e coca, i tropical a base di latte e orzata, o il classico Negroni. Era un incanto affacciarsi dai davanzali e scorgere le lampare che passavano mute sul mare piatto, sotto il cielo stellato. In alcune serate venivano a cantare dal vivo Peppino Di Capri, Fred Bongusto, Gino Paoli ed altri artisti di quel periodo, con i quali abbiamo passato serate davvero speciali. Sul tardi si andava da Calise per i cornetti caldi e quello era un momento determinante, perché se stavi col ragazzo che ti piaceva, potevi forse quagliare. A 17 anni ti sembra tutto ingigantito perché come paragone hai solo il presente e non sai cosa ti riserva il futuro.

Stessa sceneggiatura l’ho vissuta a Capri. Sempre con mia cugina. La mattina si andava al mare a Marina Piccola, da Gioia, Maria, Luigi, ai Saraceni, o in casi speciali alla Canzone del mare, un posto super esclusivo. La sera si cenava a casa, spesso con spaghettino sciué sciué, friselle con pomodoro e basilico o una caprese. Verso le 22 ci agghindavamo per lo struscio in Via Camerelle e nella mitica Piazzetta. Verso la mezzanotte si scendeva in discoteca, al Number Two, tra i flash dei fotografi Foto Rosso e Foto Azzurro, per poi finire la nottata al forno accanto alla chiesa di S. Stefano, sotto la galleria, poco prima di Gemma. Col cornetto tra le mani ci sedevamo sugli scalini, stanche, sudate, col trucco ormai sbafato, e facevamo la sintesi di ciò che era accaduto in quelle ore.

In seguito sono tornata a Capri in varie occasioni, con fidanzati o amici. Ho trascorso vacanze da principessa negli Hotel più belli e ho passato momenti indimenticabili. Eppure, ancora oggi, quando avverto all’alba il profumo di pane proveniente dalle pasticcerie, mi sembra di tornare proprio lì, in quell’angolo della scalinata caprese, col rimmel scolato, la faccia lucida di sudore, il cuore a mille e le risate con mia cugina, mia adorata compagna di vita. Ci divertivamo troppo tra di noi. Tutto diventava un pretesto per farci tante risate. Un rapporto speciale il nostro, come due sorelle. Mai litigato. Ci siamo sempre capite, nessuna ha mai prevaricato sull’altra e soprattutto non ci siamo mai contese uno stesso uomo. La nostra vita però continua ancora a riservarci gioie e momenti pieni di allegria, perché quando hai la leggerezza nel cuore e ti vuoi bene, niente può cambiare, ma solo rafforzarsi.

Sogno di una notte di quasi estate

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Stanotte ho sognato il mio unico grande amore. Un sogno meraviglioso, come del resto da sogno è stata la nostra storia. È un giro di parole che mi ricorda quanto sia stata felice nei tre anni insieme a lui. Un uomo affidabile e premuroso, ma soprattutto il solo che mi ha reso completa. L’ ho amato in modo pulito, sincero, senza bugie e sotterfugi. Con lui avevo instaurato un rapporto maturo, serio, vissuto però in piena leggerezza. Ognuno aveva il suo spazio, pur vivendo in perfetta simbiosi. Ci rispettavano e “infedeltà” era un termine a noi sconosciuto. La nostra era la relazione ideale, perfetta, con gli stessi “diritti e doveri” e una totale disponibilità l’uno verso l’altro. So bene che il mio amore era maggiore rispetto al suo, ma non è importante, importante è invece che io ne fossi consapevole. Ogni individuo ha una sua personale percezione di come vivere i sentimenti e bisogna prendersi quello che ci viene concesso. Io so che lui, a modo suo, mi ha dato il massimo. Anche i sassi sanno che sono una donna eccessiva, dire esuberante è riduttivo. Vivo tutto con ingordigia e mi concedo totalmente, senza remore. Se amo amo e non ci sono mezze misure. Lui al contrario è più pacato, tranquillo, meno passionale di me, ma questo non significa non avere fuoco, solo vivere in maniera meno travolgente. All’epoca veniva da un periodo piatto e quindi l’ho avvolto tra le mie braccia, portandolo nel mio magico mondo di Adventureland. Gli ho dato cuore, corpo e anima. In fondo non è stato difficile, perché lui si è lasciato trasportare con estremo piacere, forse perché sentiva che ci compensavamo e poi si sa che il fascino della diversità incuriosisce chiunque. All’inizio era un po’ titubante, lo ammetto, del resto come non dargli torto visto come mi presento, senza filtri e nessuna moderazione. Racconto tutto del mio passato, non tralascio nessun dettaglio della mia vita, insomma anche Casanova avrebbe delle perplessità. Lui comunque apprezzava il mio modo di essere, con tutti i mie difetti e non ha mai sminuito la mia personalità, anche quando era scomoda. Mi ha riempito di regali, pensati, studiati, dedicati e cercati con affetto, facendomi sentire una regina. Abbiamo condiviso tutto : viaggi, feste, compleanni, eventi, concerti, vacanze, sport, cinema, cene romantiche o con amici. Anche restare a casa era bellissimo, non ci siamo mai annoiati e ho persino cucinato per lui, tutto dire. Ogni mattina lo accompagnavo alla porta prima di uscire, per augurargli la buona giornata con un bacio. Il nostro principale mood era ridere e divertirci come fanciulli, anche per semplici idiozie e abbiamo anche vissuto esperienze nuove, perché quando si sta bene insieme, tutto è consentito. Ci consideravano una coppia top, belli, bravi e innamorati.

Molti si domanderanno come mai allora è finita, se le cose erano così perfette. E’ finita perché anche le belle storie possono finire e la cosa ancora più anomala è che finiscono senza un perché o con tanti perché. Per un motivo solo, tanti o nessuno. Accade semplicemente perché, senza accorgercene, qualcosa si rompe e si aspetta il primo pretesto per troncare. Nel mio caso è accaduto quando non me lo sarei mai aspettato, in un triste giorno di settembre, che non scorderò mai. Per fortuna, le martellate, i dolori, i pianti, le angosce, le crisi di panico, le ansie cosmiche e lo strazio dell’abbandono si possono superare. Ci vuole molto coraggio, una grande forza, ma anche la capacità e la volontà di reinventarsi una nuova dimensione che possa aiutarci ad andare avanti. Non ci sono manuali da consultare, suggerimenti da seguire o qualcuno che possa insegnarcelo. Solo noi possiamo individuare quale sia il rimedio e per questo non bisogna giudicare. Mai.

Oggi sono serena perché ce l’ho fatta, non l’avrei mai creduto e quello che mi dà gioia è che tra noi resta una grande amicizia, un sincero affetto e soprattutto continuiamo a ridere e scherzare ogni volta che ci sentiamo. Ogni tanto, però, sento rimbombare dentro di me la frase che Anna pronunciò nel mitico film “ Il Danno ”. Parole forti, che mi tornano in mente come una specie di codice PIN, per esorcizzare la sofferenza : < Le persone che hanno subito un danno sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere. E’ la sopravvivenza che le rende tali, perché non hanno pietà. Sanno che gli altri possono sopravvivere, come loro.>

“A”…La mia Ancora

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Amo il mio tatuaggio, l’unico che ho. Fino a l’anno scorso, ho sempre sostenuto che non avrei mai ceduto a questa moda dei tattoo, che rovina irreversibilmente la pelle, e guardavo con diffidenza quelli che ne avevano tanti. Poi un giorno ho ribaltato tutte le mie convinzioni e me ne sono fatta uno. Piccolo, nascosto, appena visibile all’interno del polso, zona orologio. È una piccola “A” che ho dedicato ad una persona speciale. Il caso ha volu…to che l’iniziale del nome dell’uomo che mi ha ispirato, coincidesse con la “A” di Amore, Amicizia, Attrazione, Amanti, Affetto, Adorazione, Angelo, tutte parole che mi collegano a lui. Non c’è bisogno di avere per forza una relazione stabile, o un fidanzamento classico, per sentirsi legati a qualcuno. Si può provare un sentimento forte, anche a distanza ed in modo del tutto personale. La nostra amicizia, sbocciata per uno scherzo del destino, è nata poco più di tre anni fa. Un solo incontro di appena 24 ore, ma sufficiente per capire che i nostri animi erano vicini e nulla li avrebbe mai allontanati. Il fatto di sapere, che in un periodo malinconico ed insignificante della mia vita lui c’era, anche se a 700 Km di distanza, mi ha trasmesso pace e stabilità. Una presenza fondamentale, nella sua assenza. Non mi accade mai di partire per un viaggio senza salutarlo, perchè questo mi fa sentire più tranquilla. Al ritorno è lo stesso. Quando so che è felice e sta bene, mi si scioglie il cuore. Per questi motivi, ad un certo punto, ho deciso di farmi il mio tatuaggio. Portare su di me qualcosa che gli appartiene, è diventato un amuleto, la mia dolce compagnia. Io e lui ci sentiamo sempre e continuiamo ad essere amici, uniti dalla nostra affettuosa complicità, che non potrà mai finire. Comunque vadano le cose. Cosi, come segno di fede, quando ne sento il bisogno, guardo il mio amato ghirigoro, lo tocco e a volte lo bacio, soddisfatta e orgogliosa della mia scelta.
(“A”…Grazie di esistere).