Napoli mia

In evidenza

    napoli-1-875x600

                                            OGNI VOTA CA ARRIVO A NAPULE…

‘O CORE ME BATTE COMME NU TAMBURRELLO

SO’ CUNTENTE COMME ‘O SOLE

TENGHE ‘O PROFUMO E NA SFOGLIATELLA

AMO ‘A VITA NCOPPA OGNI COSA

ME SCETO CO NU CAFE’

TENGHE ‘A FRENESIA E ABBALLÁ

DIVENTO NA MALAFEMMENA

SO’ AVVOLTA RA’ MUSICA

PARE BELLE COMME NU BABA’

ME INFUOCO COMME NU CUOPPO

E PE NUN PENZÀ AI GUAI …

ASPETTO CA ADDA PASSA’ ‘A NUTTATA



La zona di interesse

In evidenza

la-zona-dinteresse-ok-2

La zona di interesse è un film sonoro. Sì, perché la forza della tragedia si basa soprattutto sui suoni che si sentono di sottofondo. Si intuisce già dall’inizio l’impronta che vuole dare il regista. Un dolore immaginato, non esplicito, che parte con lo schermo oscurato per circa 7 minuti, muto. Poi, a poco a poco, in crescendo, si comincia a sentire un cinguettio, che prepara all’apertura della prima scena, con una famiglia al sole intorno a un lago. La particolarità del film, come molti ormai sanno, è la sceneggiatura alquanto originale, anche se tratta da un libro. Descrive con estremo cinismo la vita quotidiana del generale Rudolf Hoss, comandante del campo di Auschwitz e la sua famiglia, nella loro leggiadra abitazione, adiacente al lager. Un contrasto dissacrante che si snoda tra lo svolgimento vacuo delle loro giornate e l’orrore dello sterminio a portata di schioppo, oltre i confini di un muro spinato. La freddezza mostrata di fronte a quella realtà è gelida. L’indifferenza nei riguardi di ciò che accade aldilà di quella recinzione è disarmante, così come le loro priorità, i discorsi futili, le feste e la routine tranquilla di una famiglia benestante. Le leggerezza con cui s’impossessano dei vestiti e degli oggetti di cui gli ebrei si sono dovuti disfare, come fosse una lotteria, è agghiacciante, ma testimonia esattamente quello che Jonathan Glazer ha voluto sottolineare. Cioè come l’Olocausto appariva ai loro occhi, e come dal loro punto di vista quella tragedia rientrasse nella normalità, seguendo un disegno voluto dal Fuhrer.

I figli del comandante non si pongono mai domande su cosa esiste là dietro, come fosse un luogo abitato da fantasmi, o un parco giochi. Solo la mamma di Hedwig ospite nella casa, si accorge di quanto sia penetrante l’odore di morte che giunge da ogni parte e per questo abbandona la casa.

Non è un film che fa riflettere, non c’è niente da riflettere, perché l’obiettivo del film è palese. Il succo della storia si riassume secondo me nella frase che la protagonista pronuncia alla mamma mentre le fa vedere con soddisfazione il suo giardino pieno di fiori : <Mi sento la regina di Auschwitz>. Tutto dire. Si inquadrano primi piani di azalee, tulipani, rose e girasoli, tra l’eco delle urla in lontananza, l’abbaiare dei cani, le sagome dei treni carichi di deportati che sbuffano in direzione del campo, i colpi di fucile, o il crepitio dei forni e delle ciminiere che fumano carne e ossa. Ma tutto è solo acustico, lo si intuisce, senza entrare mai nel campo.

Ho seguito con attenzione tutta la durata del film, ma a parte la sua evidente drammaticità, non mi ha stravolto. Mi sono invece emozionata nelle scene prima della conclusione, in cui appaiono le addette delle pulizie, oggi, tra i luoghi dove ho lasciato il mio cuore straziato. Rivedere le scarpe, i capelli, gli oggetti ammassati, le divise a righe, i corridoi con le fotografie, i forni, il muro delle fucilazioni e le camere a gas, è un cimelio difficile da digerire. Splendida la colonna sonora che chiude il film con suoni psichedelici, metallici, quasi a ricreare le urla e i lamenti di tanto orrore.

In ginocchio da me

In evidenza

i-beg-your-pardon-1015982_640

Nelle commedie americane, o nella maggior parte dei film a sfondo sentimentale, arriva spesso il momento in cui il fidanzato si inginocchia ai piedi della sua amata e, con in mano il fatidico cofanetto blu (chissà poi perché blu), le chiede di sposarlo. Ho sempre ritenuto quel gesto abbastanza pacchiano, la classica banalità alla Love Story però, con molta onestà, ammetto di provare anche un pizzichino di invidia. La prima cosa che mi viene da dire è : <Capita solo nei film>. Il motivo reale è che almeno una volta vorrei trovarmi davanti ad un uomo “in ginocchio da me” per scoprire cosa si prova nel momento in cui lui ti guarda sognante, un po’ timido e imbarazzato, mentre pronuncia le sue parole. Nessuno lo ha mai fatto per me, neanche gli uomini più importanti della mia vita.

Abbandonando per un momento la modestia, riconosco che uomini ai miei piedi ne ho avuti e continuano ad esserci, non certo prostrati, ma metaforicamente inginocchiati sì. Tutto però è legato ad un invito a cena, un serata, un drink, o qualcosa di più pepato. Quello che invece manca a me, è provare la sensazione che ti regala quel momento unico. Immagino, e posso solo immaginare, che in quell’istante si scateni un meccanismo dal quale partono mille emozioni : stupore, meraviglia, turbamento, incertezza, gioia e infine felicità. Quando si dice che la felicità è un flash, ecco, quello credo ne sia un esempio. La cosa ancora più bella però, è data dalla consapevolezza di accorgerti che il tuo uomo ti ama davvero, che ha il coraggio di prendere una decisione, che non vuole perderti e che finalmente il corteggiamento prende una forma concreta. Deve essere molto gratificante capire, senza più dubbi, l’interesse che lui ti dimostra.

Oggi, purtroppo, questo rito prematrimoniale è diventato una moda, non più un momento intimo, ma qualcosa di plateale da condividere pubblicamente. Si riassume tutto in una forma di esibizionismo narcisistico non solo da parte dell’uomo, che vuole soprattutto impressionare chi gli sta attorno, ma anche della donna, complice di quella recita. Sempre più spesso mi è capitato di sentire che addirittura scelgono la location e allestiscono la scena con tutti i dettagli, durante una manifestazione super cool o un evento famoso. Una fiction nella fiction, che di sentito non ha più nulla.

Non è mia intenzione risposarmi, ma non si sa mai, nel caso dovessi cambiare idea, voglio dare un suggerimento a chi avesse in mente di venire ad inginocchiarsi da me : non mettete nel cofanetto blu brillanti o diamanti, quelli per fortuna li ho già. Molto meglio un bel biglietto aereo per una luna di miele da sogno, in un posto da sogno.

Malintesi

In evidenza

R

Quando scrivo qualcosa, molti pensano sia frutto dello stato d’animo del momento. Sbagliano. Non è così. Spesso descrivo sensazioni che ho vissuto, o rifletto sulle mie esperienze passate, ma non è detto che parlare di debolezze, sofferenze o mal d’amore voglia dire che io in quell’istante preciso stia per forza in crisi. Se dico che il sole splende e i fiori sbocciano, al contrario, può darsi che in quel momento invece stia sotto un tram. Idem se posto una foto con un’espressione più seriosa, in cui non sorrido. Non è altro che la postura automatica da selfie che ognuno di noi assume involontariamente, quando magari un attimo prima ridevo a crepapelle. In genere nei post esprimo concetti universali che riguardano la vita o persone che mi ruotano intorno. Traggo le mie considerazioni su quello che mi circonda, senza pretendere né di avere la verità in tasca, né che tutti la pensino come me. Quando descrivo gli uomini e i loro difetti, tra l’altro sempre con ironia, non racconto solo il mio punto di vista, ma riporto anche le confidenze di altre donne che hanno avuto problemi con l’altro sesso. Quelli che compongono canzoni o chi scrive romanzi, non raccontano per forza storie personali. Sarebbe un problema molto serio se dovessi manifestare ogni piccola virgola di ciò che faccio. Anche le citazioni che scrivo su argomenti on the road, oppure sui contrasti maschi-femmine, non mi riguardano per forza in prima persona, così come non demonizzo gli uomini reputandoli dei mostri. Mi piace semplicemente prenderli in giro e quindi calco i toni. Mi viene il dubbio però che molti fraintendono, vedendomi a volte come una donna bistrattata dall’altro sesso, una mantide incapace di amare, o una prof in cattedra. Non è niente di tutto ciò. Per fortuna che la maggior parte capisce le mie intenzioni, così posso continuare a condividere quello che mi passa per la testa, ad esprimere i miei pensieri e a pubblicare fotografie in cui rido oppure no.

HAI VOGLIA ‘A FFA’

In evidenza

OIP (1)

Spesso racconto episodi legati ai supermercati, perché sono luoghi a noi familiari, una tappa fissa a cui non possiamo sottrarci. Oggi sono entrata al Tigre tutta pimpante, vestita easy : jeans strappati, stivaletti con tacchi alti, giacca di pelle, capelli freschi di parrucchiere e un’andatura scattante e sicura. Insomma, onestamente non ero niente male. Mentre girovagavo tra i vari reparti, ho notato che la maggior parte delle persone che mi circondavano erano ultra settantenni, soli, in coppia, oppure accompagnati da figli, qualcuno anche su sedia a rotelle. Una marea di pensionati dai capelli grigi che si aggirava tra gli scaffali con i carrelli pieni. Finita la mia spesa, la cassiera mi ha chiesto se avevo la tessera Unika e così, in un baleno, ho realizzato che era la giornata dedicata alle “Volpi grigie”, quindi agli over 65. L’addetta, strisciando la card, stupita, mi ha chiesto se fosse di mia madre. Non riusciva a credere che anche a me toccasse lo sconto per anziani. Con sincera ammirazione lo ha sottolineato anche ai colleghi vicini, che hanno reagito con espressione incredula, davanti ai clienti in fila dietro di me. In pochi secondi, in quel piccolo spazio di 1 mt x 1mt, mi sono sentita come una star sotto i riflettori di un micro Red carpet. Un po’ imbarazzata ho risposto : <Grazie> e sono andata via, compiaciuta per questa botta di fatua celebrità. Però poi, salendo in macchina, mi sono detta : <Cara Piera, “hai voglia a’ ffà”, puoi anche sentirti ancora una guagliuncella, ma “sulla carta”, resti comunque una Volpe grigia.

Mare d’Ottobre

In evidenza

38521354191_0f9b6016bc_b

Passeggio sulla riva del mare per godermi queste meravigliose giornate di ottobre. Un prolungamento d’estate a sorpresa, che proprio non mi aspettavo. In questo inconsueto set cinematografico siamo tre gatti, io e un paio di persone sparse qua e là. È presto, quindi la luce ha meno contrasti e il mare è più calmo. Tra qualche ora non sarà così piatto. L’acqua sembra vetro e sul fondo si riescono a distinguere le conchiglie una ad una, bianche e nere, piccole e grandi, come i tasselli di un mosaico sommersi ad Atlantide. In cielo è visibile persino la luna, una sfera ovattata, appesa alle nuvole come una palla sull’ albero di Natale. Palme e ombrelloni sono ormai solo relitti, pronti a sparire in qualche rimessa. Fantasmi stagionali. I riflessi del sole in controluce creano ricami tra mare e sabbia. Mi ricordano l’ora del tramonto, col suo sapore nostalgico. Me la godo beata ancora per un’oretta, prima di andare via, e penso, penso. Pensare in questo scenario è congeniale, come sotto le stelle. Perché sei rilassato, tranquillo, lontano da tutto. Anni fa in questo periodo continuavo l’estate in qualche posto sperduto nel mondo. Felice. Ora non è possibile, però mi godo lo stesso questo piccolo paradiso autunnale, perché per fortuna la mia visione della vita sa cogliere il bello anche in piccoli angoli, dove persino il peggio assume una dimensione accettabile e, sebbene in sua compagnia, riesco a trovare pace.

Note nell’aria

In evidenza

R (1)

Non so se a qualcuno è mai capitato di passare nei pressi di un Conservatorio e sentire per caso in lontananza il suono di un pianoforte. A me è accaduto stamattina. Una sensazione magica. Non sono riuscita ad individuare quale fosse esattamente la musica che proveniva da quella finestra. Forse Chopin, Liszt o chissà chi, ma in fondo non era importante capire. La magia era tutta in quella dolce melodia che rimbalzava tra i palazzi, sovrastando persino il traffico delle auto. Una ventata poetica in un frenetico spaccato cittadino. Altamente suggestivo. Dietro quelle mura spesse, ho immaginato un allievo concentrato sulla tastiera tra mille spartiti, immerso in un mondo idilliaco. Le sue note mi hanno evocato ricordi del passato, quando mia sorella suonava la mattina e i suoi pezzi ripetuti all’infinito mi arrivavano un po’ ovattati da lontano, oltre le porte chiuse. Erano la mia sveglia, una carezza che apriva la mia giornata, accompagnandomi dolcemente. Pe lei ieri, una tortura, per me oggi, un ricordo malinconico.

Comunque, a parte la nostalgia, una cosa è certa : chiunque suonasse da quel terzo piano, non saprà mai che battendo i suoi tasti, inconsapevolmente, ha fatto battere il mio cuore.

Pensieri Midnight blue

In evidenza

R

Il posto migliore per raccogliersi con i propri pensieri è sotto il cielo stellato. Non esiste un luogo più adatto per liberare il nostro cuore e farlo viaggiare libero, nello spazio etereo del cielo midnight blue, il colore dello smoking. Lo smoking è l’abito per eccellenza delle occasioni eleganti, e pensare è infatti un lusso, un momento privato così intimo e inesplorato da richiedere una dimensione di gran classe, in cui sentirci assolutamente super chic.

Oppenheimer

In evidenza

ff509e71dc14436d465f61dc1f1e3608

Ho finalmente visto Oppenheimer. Premetto che già mi sono stupita nel trovare il cinema così stracolmo. Neanche nel periodo di Natale mi era capitato. Proiettavano il film in 5-6 sale e non era rimasto neanche un posto libero. Probabilmente le aspettative create intorno a questo film hanno stimolato la curiosità di tutti, non solo la mia. Veniamo al dunque. Gli ultimi lavori di Nolan non mi erano piaciuti tanto. Questo invece, pur trattando un argomento complesso e ben poco “leggero”, non mi è apparso per niente pesante. Anzi, sono stata incollata per tre ore allo schermo alternando momenti di pura adrenalina con altri più lenti, ma comunque interessanti ed emozionanti. Tutti conoscono la trama del film, quindi non parlerò di questo, piuttosto voglio descrivere le sensazioni che mi ha trasmesso.

L’interpretazione di Cillian Murphy è alla base. E’ stato grandioso, immerso nel personaggio in modo così perfetto da bucare ogni inquadratura, catturando lo spettatore. Una prova di bravura che mi ha ricordato Joaquin Phoenix in Joker. Sì, perché se l’attore principale è in grado di trasmettere brividi, il resto passa in secondo piano e tu sei già appagato. Ma a parte lui, anche Robert Downey Jr. è stato straordinario. E’ infatti un attore capace di interpretare qualsiasi ruolo, dal più fantasioso al più impegnativo. Comunque il cast completo è notevole. L’abilità del regista, a mio parere, è stata quella di assemblare storia, formule ed equazioni, con le immagini super scenografiche dell’esplosione del Trinity test. Sono state realizzate con grande maestria. Stupende, forti e di grandissimo effetto. Il crescendo del countdown (strano gioco di parole), fa battere il cuore, il boato dell’esplosione è ovattato e si intravede solo la luce accecante del fungo, mentre il fragore arriva in un secondo tempo. Un gioco di luci e sonoro davvero straordinario.

Gli effetti della bomba atomica sono noti a tutti, ma solo vivendoli dalla A alla Z, con tutti i risvolti tecnici, si riesce a realizzare oggettivamente la sua pericolosità. Ed è quello infatti che in un breve incontro si confidano perplessi Robert O. ed Einstein : “aver probabilmente avviato una reazione a catena che potrebbe distruggere il mondo”.

Nolan ha voluto puntare molto sui risvolti psicologici scaturiti da questa scoperta, evidenziando ogni minima debolezza del fisico statunitense. Si assiste ad un gioco di potere, scontri e rivalità tra individui, ma soprattutto tra potenze titaniche, per imporre il proprio dominio. In fondo, tutto ruota su questo. Non credo che alla fine Truman abbia lanciato le bombe davvero per fermare la guerra. Sono portata a pensare, ma ovviamente è solo un mio parere, che piuttosto voleva far capire al mondo e alle altre nazioni, che l’America è la più forte.

Le musiche sono incessanti, ma non invasive, si accentuano secondo le scene. Anche il montaggio, tra passato e presente e la fotografia alternata tra bianco e nero, sono perfetti. Come prevedibile, ho letto centinaia di commenti su questo film, positivi o negativi e tanti ne usciranno ancora. Sarà candidatissimo agli Oscar e io mi auguro che faccia incetta di premi, perché se li merita tutti. L’Academy, si sa, ogni anno segue un filone ben definito, chissà se per il 2024 sposerà la causa Nolan.

Voglio amare

In evidenza

OIP

VOGLIO AMARE IN MODO NUOVO

TRALASCIANDO IL PASSATO

PER ASSAPORARE IL PRESENTE

SENZA PROGRAMMARE UN FUTURO.

 

VOGLIO AMARE LIBERA

CONSAPEVOLE DI SCEGLIERE SE SOFFRIRE

TORMENTANDOMI CON GIOIA

O GIOIRE FINO ALLE LACRIME.

 

VOGLIO AMARE COME QUANDO HO FAME

CON L’ACQUOLINA IN BOCCA

INGORDA E AVIDA

PRIVA DI OGNI RIMORSO.

 

VOGLIO AMARE SPUDORATAMENTE

CON AFFETTO PICCANTE E

UNA DOLCEZZA SALATA

NON UNA STUCCHEVOLE MELASSA.

 

MA SOPRATTUTTO

VOGLIO AMARE ORA, SUBITO, ALL’ISTANTE,

PRIMA CHE IL TEMPO CANCELLI IL MIO ENTUSIASMO.

Coppie stonate

In evidenza

R

Non fatevi ingannare dal famoso detto : “Chi si somiglia si piglia”, perché nella realtà non è così. Il mondo infatti, è pieno di coppie esteticamente male assortite. Le incontro dovunque, al mare, in vacanza, per strada, e ogni volta non finisco mai di stupirmi. Sarà pure politically uncorrect, ma non si può negare che in quei casi la mancanza di armonia ha comunque il suo peso. A proposito di “peso”, mi allaccio alla quantità di donne parecchio in carne, che si accompagnano con uomini giovani e carini. Quali pozioni magiche useranno mai quelle “CIRCIONE” felliniane per conquistare certi bonazzi? Resto a bocca aperta ancora di più quando vedo che quei fighi le sbaciucchiano, gli si strusciano addosso e le riempiono di attenzioni, trattandole come dee. Mi suscitano persino un po’ di invidia, facendo crollare in parte la mia autostima.

Sono consapevole che molti, e soprattutto le chiamate in causa, leggendo le mie affermazioni mi accuseranno di body shaming, sottolineando che tutte hanno il diritto di trovare l’anima gemella, che non c’è bisogno di essere uno schianto per essere felici, che la bellezza è qualcosa non legata per forza all’estetica e bla bla bla. Forse hanno anche ragione, in fondo nel privato ognuno può trovare un suo equilibrio e magari queste coppie nell’intimo funzionano più di altre. Non fa una piega.

Però questi accoppiamenti scoordinati, restano comunque antiestetici e disarmonici, soprattutto perché in netta contrapposizione con i prototipi tanto desiderati dai maschi, che nel proprio immaginario le vogliono belle, gnocche e con un fisico perfetto, oppure morbide ma bone, cioè piacenti, sensuali, niente a che vedere quindi, con quelle matrone grottesche, senza stile ed eleganza. Si, perché infatti, invece di migliorare il proprio aspetto, o camuffare i difetti oggettivi, queste cozze fanno di tutto per apparire ancora più sgradevoli. Senza pudore, accentuano le forme con magliette attillatissime, o indossano shorts e minigonne inguinali, facendo esplodere rotoli da ogni dove. Ancora peggio, appaiono sciatte, laide e con i capelli trascurati, come se non avessero mai visto spazzola e pettine.

Comunque, non per giustificarmi, ci tengo a precisare che non sono la sola a manifestare questa spietata inflessibilità. Anche altre mie amiche mi hanno confidato di aver notato questi abbinamenti stonati, così come tante altre persone ma, coi tempi che corrono, sicuramente eviteranno di esprimere un giudizio su questi temi, per paura di essere poi accusati di bullismo.

L’Amicizia

In evidenza

R

Com’è bello circondarsi di amici. Di quelli veri però. Più passano gli anni, più sento la necessità di avere intorno persone con le quali condividere affetto sincero. Esistono più categorie di amicizie, ognuna col suo tipo di approccio. La più solida è certamente quella con una frequentazione costante, costruita su rapporti ravvicinati nei quali ci si confronta costantemente, confidandosi problemi, dolori, gioie e avventure di vita. Emozioni che permettono di conoscere ogni aspetto dell’altro, connessi nel quotidiano, in un continuo aggiornamento di flirt, amori o anche sprazzi di solitudine. Il confronto diretto aiuta lo scambio interpersonale e, per essere efficace, va alimentato da ambo le parti. Non occorre devozione, bastano anche piccoli gesti.

Meno incisive, ma altrettanto importanti, sono le amicizie saltuarie, quelle meno assidue, assolutamente da non sottovalutare. Un bagaglio necessario da conservare comunque con cura. Spesso infatti si hanno amici con i quali ci si sento poco, per abitudini differenti o la distanza, ma mantenere certi legami, serve a potenziare il nostro animo, alla ricerca inconscia di continuo affetto. Basta ritrovarsi anche dopo anni infatti, per accorgerci che il tempo è come se non fosse mai passato, e ci si ritrova affiatati con la sintonia di sempre. Questo accade anche con persone incontrate solo una volta nella vita in occasioni particolari, con le quali ci si continua a seguire sui social o su Whatsapp. Ciò che conta è la scintilla creata in quel breve incontro. Se è stato piacevole e spontaneo, si resta comunque uniti nel tempo. Bello e, perché no, anche profondo.

Certo, questo tipo di correlazione affettiva non è paragonabile ad un rapporto coltivato giorno dopo giorno, ma a me piace lo stesso, perché conferma che l’amicizia, anche se con risvolti assai  diversi,  custodisce  valori  molto  significativi,  a  prescindere  dalla  durata,  dalla frequentazione e dagli eventi.  Quando scopriamo finalmente di  avere  questa  fortuna,  realizziamo  con soddisfazione, che non manca poi molto per sentirci appagati.

Nonne Rock

In evidenza

WhatsApp-Image-2020-02-23-at-13.11.41-min

Chi mi conosce sa che racconto spesso episodi di vita vissuta, “street stories” che capto qua e là, dove mi porta il cuore. In strada non memorizzo soltanto immagini con le mie fotografie, ma fotografo anche con la mente ciò che le persone fanno, involontariamente o volontariamente. Loro ignorano che io li scruto e li studio, ed è proprio questo il bello, perché riesco così a cogliere la spontaneità dei loro gesti, senza imbarazzo. Ma veniamo al dunque.

Giorni fa, tanto per cambiare ero al McDonald’s per un panino veloce all’ora di pranzo. Ad un certo punto è entrata una bella signora sugli ottanta con in mano una busta infiocchettata. Indossava con eleganza una tuta di felpa bordeaux sotto una giacca sportiva. Un look decisamente easy per una della sua età, ma le stava bene, era chic. Girava un po’ spaesata e ho notato che parlottava con una dello staff, per sapere dove poteva sedersi in attesa di altre persone. Non sapeva evidentemente che lì i tavoli sono liberi e non occorre prenotare. Dopo un paio di minuti sono arrivati due ragazzini con la mamma, che si sono diretti verso di lei. Ho capito a quel punto che era sua figlia con i due nipoti. <Ma ti sei tagliato i capelli?> ha chiesto la nonna al maschio con il classico look che va tanto di moda oggi. Lui sorridendo l’ha abbracciata, sedendosi accanto a lei. Dopo un po’ sono entrate altre tre persone, che non ho avuto difficoltà ad identificare : una seconda figlia e due nipotine. Una volta tutti al tavolo, la nonna ha consegnato il pacchetto ad una delle ragazze, facendole gli auguri. Ho realizzato così che erano lì per festeggiare il suo compleanno. Ho avuto l’impressione che non si vedessero da tempo, la classica rimpatriata di famiglia, in una location certo un po’ inconsueta per una persona di una certa età, che forse avrebbe preferito un ristorante più tradizionale. Eppure la bella signora è parsa comunque contenta. Una nonna decisamente rock.

Divertente è stato il momento dell’ordine. L’addetta con il touch, ha impiegato circa un quarto d’ora prima di spiegare alla nonnetta quali erano i vari Mac Menu, gli ingredienti, cosa comprendevano ecc, ma alla fine ce l’ha fatta e quando sono arrivati i vassoi stracolmi, la super nonna si è pappata un Big Mac tutto da sola, come una vera americana doc. Erano allegri, sorridenti, un quadretto che mi ha intenerito perché l’ho collegato a mia mamma. Lei, che amava festeggiare anche il topo nella credenza, sicuramente si sarebbe gasata ad organizzare un compleanno al McDonald’s e avrebbe portato regali per tutti, felicissima di riunire figli e nipoti, come era sua abitudine. Anche lei era una nonna sprint e il pensiero che oggi non c’è mi ha dolcemente rattristato, sentendomi per un attimo quasi in colpa nel provare un po’ d’ invidia per qualcosa che oggi non ho. Questo è il brutto di quando perdi una persona cara : sapere che non potrai mai più condividere niente con lei.

LU’

In evidenza

IMG_20230304_175419

Sei nata l’11-11 e sono 11 anni che non ci sei più. E’ incredibile come ogni giorno, continui a lanciarmi segnali della tua presenza. Coincidenze e incastri inspiegabili, mi fanno sentire che fai di tutto per alleviare i miei dolori, farmi risolvere i problemi e regalarmi attimi di gioia. Perché tu eri cosi : energia pura. Estrosa, autentica, senza filtri. A volte mutevole e prepotente, ma mai passiva.

Ti chiamavano Lu’ sin da bambina e ancora oggi per tutti resti Nonna Lu’. Anche per gli amici. Il tuo nome ha ispirato il mio negozio, e la tua foto da bambina con un grande fiocco nei capelli, è stato il suo marchio. Abbiamo discusso spesso, quando le nostre personalità si scontravano, ma forse, sono stati proprio questi contrasti a legarci, tanto è vero che il destino, ha voluto fonderci in quell’ultimo, etereo, abbraccio, solo nostro. Non è stato un addio però, perché infatti sei ancora con me.

Quei bravi ragazzi

In evidenza

OIP

Il modo di divertirsi dei ragazzi è cambiato totalmente negli ultimi 40/50 anni. Non mi ero mai soffermata su questo, fino a che non mi è capitato di guardare per la milionesima volta “La febbre del sabato sera”. Ho avuto come un flash, perché in questo film, oltre le musiche strepitose e i famosi balletti, questa differenza viene fuori in modo lampante. E’ un mondo ormai lontano, anacronistico, sorpassato, eppure impossibile da cancellare, perché frutto di un’epoca storica fondamentale. Mi sono venuti in mente i ragazzi della mia comitiva anni ’70. I miei amici non avevano certo l’impronta metropolitana dei bad boys di Travolta, a tratti un po’ violenta, ma cercavano comunque come loro, di ingannare il tempo durante la notte. A quei tempi le ragazze non uscivano la sera, se non in casi rarissimi e quindi i maschi erano costretti a riunirsi tra loro, alla ricerca di divertimenti futili, improvvisati di volta in volta per passare qualche ora goliardica. Erano in fondo tutti bravi ragazzi, che si riunivano per commettere sbruffonate senza senso, giusto per fare gli spacconi. Gli eredi dei Vitelloni anni ’50. I loro problemi adolescenziali venivano per un attimo accantonati, perché in branco si facevano scudo a vicenda per apparire quasi invincibili.

Passavano le serate a girare in macchina su e giù per le strade, auto perlopiù rubate in famiglia, che alcuni guidavano ancora senza patente, col rischio di essere fermati dalla polizia, multati o portati in guardiola. Ma era quello il bello per loro, sfidare le regole, con il massimo dell’incoscienza. Non erano certo delinquenti, ma ragazzotti ingenui che volevano solo spassarsela. Giocavano a biliardo, a bowling, oppure andavano in giro con le moto, specialmente per fare moto cross. Il cinema era un posto solo per fare casino o ancora meglio per limonare, visto che non c’ erano molte altre occasioni.

Ricordo che per un certo periodo l’habitat delle loro scorribande era il cimitero. Non ho mai capito bene i dettagli, ma credo che il copione fosse questo : puntavano un soggetto facilmente plagiabile e poi di notte lo portavano tra i loculi. Non so come facessero ad entrare, ma ci riuscivano. In alcuni casi credo che legassero il tipo ad una tomba per poi scappare, lasciandolo lì a morire di paura. Si crepavano dalle risate per quella bravata e il giorno dopo ne parlavano per ore.

Per un ragazzo della nuova generazione sarebbe impensabile divertirsi così. I passatempi ingenui sono stati soppiantati dalla spola tra un wine bar e l’altro, le cene fuori, i macchinoni, i weekend e i super viaggi. Lo spirito cameratesco è morto e defunto e le combriccole con i capetti non esistono più. Le uscite nelle città semi deserte, le chiacchierate fino a tardi solo tra maschi, le cannette fumate di nascosto e le macchine di seconda o terza mano, sono un flebile ricordo. In più ormai le donne escono tutte le sere e quindi è tutto a portata di mano. Nessuno se la spassa più facendo bravate, però le sbruffonate continuano ad esistere anche oggi. Forse anche più di prima.

Mi piace il bar

In evidenza

bancone-bar-con-sgabelli-prima-e-cocktail-e-bottiglie-di-alcool-sugli-scaffali-illustrazione-vettoriale_81894-1714

Come ho detto spesso, adoro entrare in un bar. Che sia una colazione, uno spuntino, un cocktail o un apericena, va sempre bene. Per me sono pause fondamentali per allietare le mie giornate. Proprio per questo, però, devono essere luoghi piacevoli, accoglienti, in cui rifugiarmi per trascorrere qualche momento distensivo, in un ‘atmosfera a me congeniale.

Non tutti i bar rispecchiano queste caratteristiche. Alcuni sono freddi, asettici, impersonali, e dopo una volta li evito. Ultimamente mi è capitato di andare in una pasticceria che avevano rinnovato da poco. Tanto clamore prima di aprire, pubblicità e molte aspettative, ma quando ho varcato quella soglia sono rimasta delusa. Rispecchiava infatti esattamente quello che odio in un locale : mobili schematici con scaffalature lineari, scelti più per i materiali costosi, che il gusto e l’ eleganza. Sono spesso complementi d’arredo rivestiti in radica o laminati di vario genere. Tavolini banali, vetrine finto Murano, pannelli e mensole attaccate alle pareti in modo simmetrico, sulle quali sono appoggiate bottiglie messe in fila ordinate, distanziate quasi col centimetro. I colori delle tappezzerie sono freddi, così come i divanetti e le sedie, scomodi e anonimi.

Di gran lunga preferisco quei baretti approssimativi, con i liquori ammassati uno dietro l’altro e le luci soffuse, in cui si respira un’aria autentica, calda, che ti invita a consumare, rilassandoti. Favolosi sono senza dubbio i Caffè storici come il Gambrinus di Napoli, il Pedrocchi a Padova, il Florian di Venezia, oppure le tradizionali Patisseries parigine o viennesi, o persino i Caffè trend del Greenwich Village, tanto pe fare qualche esempio. Anche la Bodeguita del Medio all’ Havana, nella sua semplicità, trasuda storia. Ancora più figo è un chiringuito ai Caraibi, col tetto di paglia, un bancone rustico, 3-4 sgabelli di vimini e un po’ di musica sudamericana, perché per bere o stuzzicare, per me è importante sentirmi avvolta da un ambiente seducente. Mi ispirano anche i bar americani sperduti nel deserto che si vedono nei film, con biliardo, flipper e freccette, dove consumi seduto al banco, con sottofondo di musica country.

Anni fa, ho girato notte e giorno per tutti i Bar di Milano con il mio amico scrittore, da quelli malfamati della periferia, ai modaioli come il Radetzky, l’iconico Magenta o Le Trottoir, dove lui si sedeva per scrivere. Era divertente e liberatorio bere e parlare con leggerezza. Nella mia libreria tra i tanti suoi libri, ce n’è uno che mi sta molto a cuore, proprio perché mi ricorda questa passione comune. Parlo di “Mi piace il Bar”. Lode a te Andrea e alla nostra amicizia alcolica, che mi manca tanto.

Flash on the road

In evidenza

twitter_1359283093_1359283098_540x540

Camminando giorni fa con la macchina, ho assistito a due episodi contrastanti che mi hanno fatto capire che il mondo animale sta un gradino sopra al nostro. Ero nei pressi di una rotatoria quando, per caso, ho visto sull’asfalto un piccione, non so se morto o ferito. Sono cose che purtroppo capitano in strada, ma quello che mi ha sorpreso è vedere un altro piccione che svolazzava basso, con insistenza, tentando di avvicinarsi a lui. Sbatteva le ali in modo convulso, affannoso, come se avesse risposto ad un SOS. Incuriosita, ho ripercorso la rotatoria e l’ho visto ancora lì, spaurito, mentre lottava con le auto che passavano di corsa, per cercare stabilità accanto a quel corpicino abbandonato. Evidentemente era un “familiare” o un “amico” che, a modo suo, voleva soccorrere il compagno per portarlo in un luogo più sicuro, o anche solo stargli vicino in quel tragico momento. Il vero motivo non lo saprò mai e neanche come è andata a finire. Comunque sia, pur essendo un flash automobilistico, che a molti sarà passato inosservato, a me ha toccato il cuore, perché mi ha fatto capire ancora una volta che il legame affettivo tra gli animali è puro, sincero e autentico. Gli umani non hanno lo stesso rispetto e gentilezza per il prossimo. Non tutti, per fortuna, ma una buona parte non sa neanche cosa significa avere riguardo. A confermarlo è un altro episodio capitatomi poco dopo.

Un signore anziano col bastone stava attraversando la strada. Non era sulle strisce pedonali e quindi andava un po’ lentamente, guardando a destra e sinistra. Un imbecille alla guida, infastidito, ha cominciato ad imprecare contro di lui, solo per il fatto che stava impegnando troppo tempo.

Il vecchiarello gli ha ha fatto un cenno con la testa come per scusarsi, ma quel cretino ha risposto con un gestaccio. Io che ero dietro di lui, sono rimasta allibita e anche irritata di fronte ad una scena così sgradevole, in contrapposizione con quella tenerissima di poco prima. Ma come si fa ad essere così villani, sgarbati, irrispettosi, specialmente poi verso chi ha una certa età. Mi vergogno a volte del genere umano, tanto di cappello invece per tutti gli animali che popolano questa terra, che pur senza parlare, sanno trasmettere solidarietà e amorevolezza.

Il caso Blanco il giorno dopo

In evidenza

foto-6_27775073910_o

Come tutti, immagino, stamani ho letto i commenti su ciò che è accaduto ieri sera. Non ritratto quello che ho scritto a caldo, ma sono portata oggi a pensare che sia stata una performance pianificata. Il video del brano su YouTube parla chiaro, e hanno anche detto che “spaccare” è nello stile Blanco. Però, aldilà di tutte le attenuanti, dal mio punto di vista resta che lui ha toppato comunque in due cose: la prima è che un conto fare ciò che vuoi nei tuoi concerti o nei tuoi video, dove tutto è ammesso sotto la propria responsabilità, altro è esagerare a casa d’altri, dove è d’obbligo rispettare i padroni di casa. Seconda cosa, quella che mi è apparsa la più sgradevole, è stata distruggere proprio i fiori, che in una manifestazione del genere sono sacri, come le mucche in India. Un gesto deplorevole, irriverente e soprattutto controproducente per la sua immagine. Se avesse triturato carote non sarebbe stata la stessa cosa. Non mi è piaciuto neanche come ha reagito dopo il suo disastro, infantile e spocchioso, come se tutto gli fosse permesso. Riguardando la scena incriminata, ho notato che il disappunto sull’audio lo ha sottolineato per tutta la durata dell’esecuzione e, probabilmente, il fatto che l’abbiano ignorato, ha scatenato la sua rabbia. Mi dispiace questa caduta di stile, perché Blanco mi piace molto e, come ho scritto all’inizio del festival, “Brividi” è un pezzo che amo ancora oggi. Lui sicuramente se ne infischierà di tutti i commenti negativi e andrà avanti per la sua strada. In sintesi penso che era tutto previsto, come spesso accade, ma il suo delirio di onnipotenza ha preso il sopravvento sulla scaletta.

Figlia di Giove

In evidenza

giorno-di-giovedì-della-calligrafia-nera-scritta-mano-dell-inchiostro-di-settimana-80075964

Giorni fa, non so neanche per quale motivo e da cosa sia partita la mia curiosità, mi sono chiesta : Chissà in quale giorno della settimana sono nata”. Ho cercato quindi su Google la mia data di nascita e ho scoperto che è Giovedì. Mi ha fatto piacere, perché è a metà della settimana e fa già sentire l’odore del weekend. A questo punto, per sfizio, ho deciso di documentarmi, scoprendo che quelli nati di Giovedì, come intuibile, subiscono l’influenza di Giove, il padre degli Dei. Giove è il Dio che invita alla riflessione e a guardarsi dentro. Ed è per questa autoconsapevolezza che i suoi figli riescono a capire bene gli altri e la loro vera natura. Chi è nato in questo giorno è naturalmente dotato di empatia e non fatica quindi a mettersi nei panni altrui. Ascolta e lo fa volentieri. Per lui questo tipo di legame è sacrosanto e quindi non si tira mai indietro quando qualcuno ha bisogno di aiuto. Tutti i nati di Giovedì allontanano la negatività cercando di trarre il lato positivo da ogni situazione. Ad attirare l’attenzione, più che la loro bellezza è l’allegria, perché infatti sono simpatici, molto cordiali e sanno stare in compagnia. Chi è nato in questa giornata è un tipo tranquillo, calmo, e non ha fretta nel fare le cose. Grazie alla sua costanza, determinazione e un forza d’animo impressionante, riesce a raggiungere tutti gli obiettivi che si prefigge, e mira a dare importanza soprattutto a ciò che è davvero importante per stare bene, per sé e per gli altri.

Chiaro che sono solo principi sommari, non scientificamente fondati, però al pari dell’oroscopo, spesso ci azzeccano e molti di noi ci si ritrovano. Io mi sento figlia di Giove e poi … Giovedì gnocchi.

I LOVE MAC

In evidenza

64171-logo-di-mcdonald-s-gratuito-vettoriale

Mi piace molto andare al McDonald’s per stuzzicare qualcosa. Molti lo evitano, criticando gli amanti di questi fast food. Dicono che il cibo è scadente, per niente sano, e lo reputano un posto da evitare anche in tempo di carestia. Invece io non sono d’accordo. Certo, mangiare patatine fritte, hamburger, hot dog e pollo fritto conditi con salse, bacon e pastrocchi vari, non è un toccasana per lo stomaco, però la qualità non è assolutamente di serie B. Il pane è morbido e le patatine, specie le ricche con la pancetta, sono ottime. La carne è buona, tenera e saporita. Inutile paragonarla all’ angus scozzese o argentino, al pastrami, o ai tagli pregiati delle varie churrascarìas, altrimenti dovrebbe costare tutto il triplo. Impossibile pensare che i cibi siano scadenti, visto che queste catene vengono continuamente monitorate per esaminare la scelta delle materie prime e degli ingredienti usati. Vengono effettuati molti controlli giornalieri per verificare che la pulizia nelle cucine e dei macchinari per la preparazione dei prodotti siano perfetti. Il personale segue regole molto drastiche per l’igiene personale e le relazioni con il pubblico. Difficilmente ho trovato sporcizia e disservizi, persino all’ estero nelle città meno metropolitane. Ho mangiato spesso infatti nei McDonald’s dei vari paesi stranieri, perché sono il giusto rifugio quando si ha poco tempo e non si vuole spendere troppo. Lo dimostra il fatto che sono sempre affollati a qualsiasi ora del giorno e della notte. Prima erano locali per ragazzi e famiglie numerose, oggi invece, la clientela si è estesa e capita di trovare un po’ di tutto. Genitori separati che vogliono accontentare i figli, che si sa adorano mangiare all’americana. Uomini o donne che nella pausa pranzo di lavoro si fanno un Mac Menù con birretta, continuando a svolgere il proprio lavoro sul tablet. Oppure marito e moglie attempati che la mattina si gustano cappuccio, cornetto e spremuta, qui molto meno cari di altri bar. A me piace assai fare colazione al McDonald’s, mi rilassa, perché non c’è confusione, mi siedo tranquilla e tutto è fresco e fragrante, ancora più di tanti altri caffè del centro. Siamo in pochi a quell’ora, single come me, segretarie e impiegati che si siedono davanti ad un vassoio bello ricco, giusto un attimo prima di andare in ufficio. Oppure tecnici in tuta che prima di iniziare il proprio lavoro si fermano per prendere qualcosa di energetico. Insomma, a dispetto di chi lo definisce un “junk food”, ossia cibo spazzatura, Io ti lovvo caro McDonald’s.

Schiavi amorevoli

In evidenza

f85a8cd09b5762b620dca5d0330501b1

E’ incredibile come nella maggior parte dei casi i padri siano perdutamente innamorati delle figlie femmine. Amare una figlia è naturale, ma questi papà vanno oltre, sfiorando spesso il ridicolo.

Sono quasi imbambolati, mielosi, zerbini fino al midollo. Le mamme in confronto sembrano delle arpie malefiche. La verità è che una madre, anche se ama la sua bambina, sa dosare i sentimenti e le effusioni. La educa insegnandole il rispetto, i valori, ma non si prostra ai suoi piedi e riesce a trovare il giusto equilibrio tra affetto e smancerie. Per i papà, invece, è quasi impossibile. Questi maniaci amorevoli si lasciano trasportare dall’istinto, diventando consciamente schiavi delle proprie figlie. Le viziano, le riempiono di regali, le accontentano in tutto e, pur di farle felici, sono disposti a passare sopra persino ai principi morali e alla comune educazione. Anche molti personaggi televisivi, quando parlano del rapporto con la propria figlia/bambina/ragazza, manifestano questa dipendenza in modo palese, un’ adorazione che spesso risulta fastidiosa e anomala. Solo su di un argomento diventano intransigenti e addirittura gelosi, quando capiscono che hanno dei corteggiatori o c’è di mezzo un fidanzato. Per non parlare poi del sesso. Rifiutano categoricamente l’idea che abbiano rapporti, anche se con un bravo ragazzo. Meglio come opzione un convento di clausura o una bella cintura di castità. Ovvio che esaspero il concetto e ironizzo, come nel mio stile, ma se i giovani papà si mettono una mano sulla coscienza, dovranno ammettere che non dico cose così lontane dalla realtà.

Mi riferisco ai giovani papà, perché questa devozione esagerata è aumentata negli ultimi decenni. Anche prima esisteva, ma era meno evidente. Regnava maggior rigore verso i figli e il ruolo paterno era più autoritario, a prescindere dall’affetto. Non ricordo forme analoghe di venerazione in passato, anzi c’era molta severità da parte di un padre. Il mio, per esempio, pur amandomi, non mi ha mai assecondata e raramente mi baciava o mi teneva sulle ginocchia. Non mi ha fatto certo mancare nulla ed è stato rispettoso, ma anziché riempirmi di complimenti o esaltarmi, piuttosto mi rimproverava, criticava il mio aspetto e solo di rado mi ha fatto qualche complimento.

Evidentemente oggi, col proliferare delle separazioni e dei divorzi, molti papà si sono ammorbiditi, e per le loro pupette si sciolgono come neve al sole. Con ogni probabilità vorranno anche scaricarsi la coscienza. Infatti, quando vedo in giro questi devoti teneroni, la prima cosa che mi viene da pensare è che hanno sicuro qualche scheletro vecchio, o fresco, nell’armadio.

Saldi per chi ha soldi

In evidenza

SALDI

È proprio il caso di dire : “Non ci sono più i saldi di una volta”. E già. Prima era un divertimento aspettare che uscissero, per scegliere tutte le cose che ci erano piaciute, ma inaccessibili perché troppo care. Così si attendeva la fine del Natale o dell’estate, per fare l’affare del secolo e tornare a casa soddisfatti. Oggi, purtroppo, abbiamo perso tutto il gusto delle nostre amate svendite. In quasi la maggior parte dei negozi, il massimo sconto applicato varia tra il 5 e il 10% rispetto ai precedenti 30-50-70%. Perciò non li chiamerei affatto saldi. E’ talmente lieve la riduzione, che non si è per niente invogliati a comprare. L’esposizione della merce è la cosa peggiore.

Viene sistemata in modo caotico, ammassata, e non si capisce niente. Ci si sente spaesati e si fa fatica ad orientarsi. Gli stand sono disordinati e pieni fino all’orlo. Non si riesce neanche a sfilare un capo, tanto sono appiccicati. Non sai dove trovare i pezzi che ti servono, perché i pantaloni sono mischiati con gli abiti e le maglie, invece di essere raccolte in un posto preciso, sono sparpagliate a destra e a manca, insieme a camice, top e blazer. Le scarpe sono sparse su mensole in alto o per terra, e per trovare le misure ci vuole un detector. Non c’è un reparto dedicato ai saldi come dovrebbe essere, cioè sì c’è, ma è in fondo a qualche angolo ed è una tale baraonda, che viene l’ansia al solo pensiero di spulciare i capi uno a uno.

I nuovi arrivi sono esposti vicino alle vecchie collezioni. Hanno un cartellino quasi invisibile, e non si riescono a distinguere, anche perché i prezzi alla fine sono quasi uguali. Quello che salta all’occhio nella maggior parte delle catene in franchising, o anche nei punti vendita di brand modaioli, è che gli articoli messi in saldo sono dei residuati bellici. Vestiti riesumati da chissà quali magazzini ammuffiti, capi invenduti, antiquati e sorpassati, difficili da trovare persino nella Medina di Tozeur. Io capisco che due anni di Covid hanno penalizzato i negozianti, che hanno subito un danno notevole, ma la gente oggi non vuole spendere e se non fa affari vantaggiosi, alla fine comprerà giusto l’indispensabile. Per questo i capi resteranno ancora accumulati sui banconi per molto tempo, fino ad essere di nuovo rinchiusi nei depositi in attesa di un altro anno. Praticamente è un riciclo che non verrà mai riciclato.

Poveri noi

In evidenza

46554563574_05fb61df1f_b

Con tutti gli aumenti previsti nel 2023, prima o poi ci troveremo di fronte ad una serie interminabile di rincari. Oggi sembrano assurdi, invece presto diventeranno una triste realtà  :

  • Il carrello della spesa non restituirà più la moneta, ma andrà ad ore, tipo i parcheggi.
  • L’abbonamento di Netflix comprenderà solo il primo episodio di una serie. Per sapere come va a finire quindi si dovrà pagare un supplemento.
  • La notte per portare consiglio si farà pagare le spese di spedizione.
  • Gli amanti del sesso virtuale avranno una duro colpo, perché in futuro non si potrà più fare gratis. Non solo sarà a pagamento, ma si dovrà anche dichiarare nel 730.
  • A Natale le renne metteranno il tassametro + un supplemento bagagli.
  • Si dovrà scegliere se comprare il pane quotidiano oppure il quotidiano, visto che entrambi se lo potranno permettere in pochi.
  • La pensione verrà aumentata a chi è già con un piede nella fossa, così come l’esenzione da reddito, che toccherà solo a quelli che non superano la soglia di 1000 euro l’anno.
  • Chi vorrà vendere l’anima al diavolo dovrà aggiungere l’IVA.
  • Il bonus sociale in bolletta andrà solo a chi brilla di LUCE propria, sprizza ENERGIA da tutti i pori e si GASA facilmente.                               POVERI NOI                                     

L’anno che verrà

In evidenza

R

Non ho chiesto niente a Babbo Natale perché era troppo indaffarato e non mi avrebbe dato retta. Non chiedo tanto neanche all’anno nuovo, perché dubito possa regalarmi qualcosa di sorprendente, o aiutarmi a realizzare sogni. E’ un’ utopia. Ormai è evidente che ogni anno è uguale all’altro e niente cambia. E’ un ripetersi di eventi più o meno simili. Nulla cade dal cielo. Se le cose migliorano è solo per merito nostro, e dobbiamo sperticarci per realizzarle. Inutile illudersi. Una cosa però la vorrei davvero : vorrei cioè che nel 2023 venissero a mancare meno persone care. Il 2022 è stato fatale per molti. Mi hanno lasciato familiari, amori del passato e tantissimi amici. All’improvviso, o anche in seguito a lunghe malattie. A distanza persino di pochi giorni. Mi rendo conto che non ci si può opporre al destino, fa parte della vita perdere qualcuno. Però se questo accadrà meno, o in un tempo più lungo, ne sarei davvero felice. Ecco, questo è l’unico segno di speranza che mi auguro.

Ruoli scuciti

In evidenza

Brecha-salarial-768x444

Un tempo era quasi d’obbligo che l’uomo provvedesse alla sua donna. Lui portava i soldi a casa e a lei toccava il mestiere di moglie e madre, un ruolo senza dubbio amorevole, ma riduttivo. C’è voluta una rivoluzione per farle riscattare il giusto spazio di autonomia, che dentro le mura domestiche non avrebbe mai avuto. Anche se molti penseranno il contrario, non sono mai stata una femminista incallita, però dentro sono comunque una garibaldina, convinta che la libertà di espressione, sotto ogni forma, sia fondamentale per non reprimere le proprie pulsioni. Nello stesso tempo però, penso che la parità dei sessi abbia incrinato i rapporti maschio/femmina, perché mentre da un lato la donna ha avuto la possibilità di realizzarsi, staccandosi dal ruolo di colf repressa, dall’altro si è privata di qualcosa. Non so esattamente di cosa, diciamo che alla luce dei fatti ha perso quella scorza di fragilità che le calzava molto bene. Non voglio dire che le donne moderne ai vertici del successo siano prive di debolezze, la differenza è che sanno gestire meglio i momenti critici. E’ una questione di esperienza e allenamento. Sanno come affrontare difficoltà, responsabilità, disincantate e consapevoli che senza un uomo potranno comunque riemergere dalle sabbie mobili. Il problema è che questo traguardo, se pur equo e corretto, ha tolto all’uomo il podio nell’universo femminile. Per anni, infatti, lui ha sempre amato il ruolo di protettore. Proteggere per lui era una forma di potere, che gli dava autorità. Dominare significava mantenere il controllo sulla relazione. Poi, piano piano strada facendo, ha mollato le redini, e invece di sentirsi il Re della sua Regina, è diventato più il suo maggiordomo. E’ come se i ruoli tradizionali si fossero scuciti.

Oggi, se sei una donna con un lavoro discreto, una buona posizione sociale, e abbastanza soldi per mantenerti, puoi avere il mondo in mano. Avrai un schiera di pretendenti, senza limiti di età. Sarai corteggiata ed anche amata. Perché oggi gli uomini odiano mantenere una donna. Se non hai questi requisiti sei destinata ad arrancare e ad andare avanti barcamenandoti senza nessun appoggio, perché i maschi attuali se capiscono che devono mettere mano al portafoglio, scappano ancora più di quanto lo facciano di default.

Sono felice di essere una che non dipende dall’uomo, però rimpiango un po’quella tenera sottomissione che ci faceva sentire necessarie. Una squadra di geishe, pronte a rendere felice il proprio partner con ogni mezzo a disposizione : grazia, sensualità e dolcezza, in cambio di sostegno e appoggio, un porto sicuro dove rifugiarsi per trovare collaborazione e supporto nei momenti difficili. Perché diciamo la verità, fare tutto da sole, dopo un po’ sfianca e logora la mente. Siccome anche i maschi moderni pensano che la vita è diventata dura, molto spesso vorrebbero campare alle spalle di una donna benestante. Non a caso al primo approccio ti chiedono : “Che lavoro fai? Sei separata o divorziata? Viaggi spesso? Vivi in una casa di proprietà? Hai figli che vivono con te? Hai la macchina?” Il 730 non lo chiedono solo per pudore. Avvilente, ma reale. Amen, dovrò cercare di adeguarmi a questa nuova generazione di ruoli, in cui esistono uomini-moglie e donne-marito.

Sognare ad occhi aperti (Capitolo 2)

In evidenza

valigie-strada

Come ho già detto nel capitolo 1, il mio sogno è volare via. Cambiare vita. Ricominciare da zero in un mondo nuovo. Una nuova alba e un nuovo tramonto. Sogno un chiringuito sulla sabbia, circondata comunque da spiagge coralline, mare turchese e palme a gogò, dove vendere drink, cocktail e stuzzichi vari, a ritmo di musica. Magari ai Caraibi. Da sola non potrei mai farcela, avrei bisogno di un socio che riesca ad organizzare il tutto secondo le leggi di quell’angolo di paradiso, aiutandomi a coordinare finanze e logistica. Quindi un socio col portafoglio, non sociopatico, con cui potrei decidere di fare anche tante altre cose, tipo : inventarci un’attività a New York, trasferirci in Africa per vivere nella natura, gestire una taverna su di un’isola greca, trovare il modo per vivere a Capri, comprare un casale in Toscana o creare un B&B a Zanzibar. Il top sarebbe realizzare i miei sogni con qualcuno capace di trasmettermi brividi, ma potrei farlo anche con un amico/a o che voglia condividere i miei progetti senza pretendere niente in cambio, pronto solo a seguire la mia pazza avventura, col massimo entusiasmo.

La mia isola

In evidenza

rivista-digitale-lifestyle-lusso-uomo-donna-evidenza-2-768x384
Ero in giro per una delle mie solite gite domenicali. Nel paesino in cui mi trovavo si svolgeva una sagra, quindi era pieno di stand, principalmente di street food. A me non piace pranzare passando da un posto all’altro, mi stanco e non riesco a gustarmi niente. Preferivo quindi sedermi in qualche ristorante, ma i pochi aperti erano tutti prenotati. Per trovare un buco libero, ho chiesto ad una ragazza in una bancarella, che gentilmente mi ha dato qualche dritta. Subito dopo pranzo sono ripassata per caso lì davanti e la tipa mi ha chiesto al volo : “Hey, allora, hai trovato poi dove mangiare qualcosa?” Da lì abbiamo scambiato due chiacchiere. Tra le tante attività creative, vendeva oggetti relativi alla Sibilla, comprese le famose carte, rivisitate però in chiave personale. Mi ha proposto di sceglierne una a colpo d’occhio, quella che mi ispirava di più tra quelle esposte. Ad ogni simbolo corrispondeva un significato ben preciso, che poi mi avrebbe letto in cambio di una libera offerta. Più che carte erano disegni circolari coloratissimi, ognuno con una fantasia diversa. Sembravano le immagini di un caleidoscopio.
Un po’ per cortesia e un po’ per curiosità ho accettato. Così, senza sapere a cosa corrispondeva, ma solo seguendo l’istinto, ho scelto L’ISOLA. Quando me l’ha letta sono rimasta sbalordita e anche commossa, perché quelle parole rispecchiavano in pieno il momento che sto vivendo in questo periodo. Sconcertante era che una tizia vista per la prima volta, non poteva certo conoscere la mia realtà. Si è rafforzata quindi in me l’idea che il nostro destino è sempre in agguato dietro l’angolo, pronto ad indicarti che se le cose “capitano per caso, non è mai per caso” e tutto è predestinato. Dopo aver lasciato un’offerta, ho salutato la mia amica occasionale e ho ripreso il cammino tra gli stand, turbata, ma nello stesso felice. Seguendo infatti l’oracolo della Sibilla, il mio vagare degli ultimi tempi in acque agitate, spaesata e smarrita in un mare assai poco rassicurante, prima o poi mi farà ritrovare la strada che mi condurrà finalmente verso LA MIA ISOLA, un approdo sicuro in cui riacquistare di nuovo la pace.

Reputazione

In evidenza

71916-62307

Re-pu-ta-zio-ne” : un termine che mi è stato sempre antipatico. È una parola convenzionale, il lasciapassare del conformismo. Godere di un’ alta considerazione certo aiuta e può anche far piacere, ma a cosa ci porta essere considerati impeccabili se poi non è quello che vogliamo?
E’ mai possibile che per compiacere il prossimo dovrei fare la brava, rispettare le regole, non oltrepassare i limiti, sgobbare come una matta ed essere disponibile con tutti ? Ma che rottura di palle e che fatica! Vuoi mettere invece che liberazione comportarmi da stronza, andare contro corrente, trasgredire, cazzeggiare da mattina a sera o mandare qualcuno a quel paese ?
Ecco perché Reputazione, è per me una parola irritante, che fa rima con Amputazione, qualcosa che toglie, tronca, strappa. E’ infatti la ghigliottina della libertà, uno strumento castrante, che priva comunque di qualcosa.

Brado

In evidenza

R

Brado è un bellissimo film, molto profondo, drammatico, ma anche tenero. Tocca al cuore, soprattutto alla fine. Kim Rossi Stuart conferma il suo straordinario talento. L’ho sempre amato. Secondo me è il migliore attore italiano della sua generazione. In tutti i film ha interpretato sempre ruoli particolari, con personaggi contorti, sofferenti e turbati, ma lui ha comunque trasmesso il massimo dell’empatia, attraverso uno sguardo fulminante che ti entra dentro, perché i suoi occhi parlano. Anche con i capelli sale e pepe e qualche ruga è comunque molto sexy, forse anche più interessante.

Il rapporto complesso tra padre e figlio descritto in questa storia è trattato con delicatezza, anche quando raggiunge toni più aggressivi. Renato, il padre, è un tipo scorbutico, singolare, che vive in un ranch sgangherato, immerso nel letame, in un isolamento voluto, fuori da ogni schema. Eppure, anche se chiuso nella sua ingombrante solitudine, è un uomo con una personale visione riguardo il rispetto e i valori della vita. Si avverte il forte legame che li unisce e, seppure con grandi contrasti, litigi, incomprensioni e divergenze familiari, traspare un grande amore che emerge alla fine in modo devastante.

Saul Nanni nel ruolo del figlio Tommaso, non solo è molto bello e ricorda Kim da ragazzino, ma è sorprendentemente bravo, un attore emergente che avrà sicuro successo. Non era facile interpretare la sua parte, con tutte le sfumature delle problematiche adolescenziali, ma lui ci riesce benissimo ed esattamente come il padre parla con gli occhi, chiari, limpidi e assai espressivi.

I dialoghi di questo film mi sono piaciuti moltissimo, delicati, ma intensi, realistici e mai pesanti. Avevano sempre un senso. Bellissimo anche il rapporto dei due con il ribelle purosangue Trevor, che è poi il fulcro della vicenda. Attraverso di lui e con lui infatti, si fonde il loro rapporto, con tenerezza, complicità e anche immenso dolore. Dolcissima l’ultima scena al crepuscolo con padre e figlio a cavallo. Un dejavu di quando Tommaso era ancora bambino, un momento di spensieratezza giocosa, che chiude il film in una galoppata colma di languida tristezza.

 

Auto in amore

In evidenza

alternativeTeslacover

Comprare una macchina nuova è come iniziare una storia d’amore. Aspetti con ansia che arrivi. Appena ci entri dentro ti senti emozionato e un po’ in soggezione. Hai timore di sporcarla e usi tutte le precauzioni per cercare di non rovinare il cruscotto, il volante e i sedili. Te la curi in ogni dettaglio, la tieni profumata e la porti a lavare ogni settimana. Parcheggi con cautela, cercando di non sbattere contro i muretti e vai piano in città per evirare tamponamenti. Vivi insomma con l’idea di non distruggerla.

Poi quando ti accorgi di avere un graffio, già qualcosa cambia. Se si tratta di una prima ammaccatura, corri subito dal carrozziere per ripararla, perché non puoi concepire di girare con la tua auto rovinata. Se in seguito ne scorgi un’altra sbuffi, ma ci passi sopra pensando : “Va beh, aspetto di averne altre e poi le aggiusto tutte insieme”. A quel punto comunque perdi un po’ l’entusiasmo e inizi a tenerci meno. Arronzi i parcheggi, non fai caso ai pali e sali persino sui marciapiedi. Un declino costante, che ti trascina in una decadenza passiva, noncurante.

Poi un giorno non molto lontano ti svegli e dici : “Ormai è diventata vecchia” e così pensi di fartene una nuova. Allora compri Quattroruote, e iniziando a dare un’occhiata agli ultimi modelli, ti torna l’eccitazione. Senti già l’acquolina in bocca e senza badare ai prezzi, se te ne piace una la vuoi anche a costo di indebitarti. Nelle relazioni è esattamente così.

Si attraversano tutte le fasi : curiosità, amore, trascuratezza, abitudine, disinteresse e abbandono, fino ad una new entry. Pensare però che cambiando registro si migliora, è sbagliato. È solo una condizione psicologica, perché il ciclo si ripeterà ancora e ancora. Niente potrà mai modificare questa regola, altrimenti i concessionari farebbero la fame e gli amori non avrebbero più modo di esistere.

Sognare ad occhi aperti (Capitolo 1)

In evidenza

valigie-strada

Sognare ad occhi aperti aiuta a vivere meglio. Tutti hanno nel cassetto una lista di desideri ancora da realizzare. Le priorità ovviamente non sono uguali e cambiano per ognuno, secondo l’età e il percorso di vita. Quando ero ragazza avevo infatti fantasticherie molto lontane da quelle attuali. Oggi vedo il mio futuro ridimensionato e quindi, in prospettiva, vorrei dare spazio solo a ciò che per me conta davvero.

La cosa che mi rende più felice è viaggiare, e quindi vorrei poter avere il modo di realizzare questa mia aspirazione fino alla fine dei miei giorni. Come? Potrei scegliere varie soluzioni. Un’opzione sarebbe quella di continuare ad avere la residenza in Italia e partire poi per lunghi periodi, una volta qui e una là. Secondo la destinazione potrei scegliere tra un Hotel, un B&B, un villaggio, oppure casa o residence. Per spostarmi, in base alle distanze, potrei usare ogni tipo di mezzo, traghetto, treno o aereo. Escluderei i viaggi on the road, con autostop e zaino in spalla, non solo perché è roba da ragazzi, ma soprattutto perché non li ho mai amati. Pur riducendo al minimo le mie risorse, infatti, non potrei mai rinunciare almeno ad una trolley medio.

Un’alternativa interessante sarebbe altrimenti comprare un bel camper attrezzato con il quale andare a zonzo. Ho sempre avuto questa curiosità, un’esperienza che mi affascina, ma che ho evitato di prendere in considerazione per vari motivi. Molti sono infatti gli ostacoli che mi bloccano. Girare da sola sarebbe oggettivamente azzardato, per non dire pericoloso. Anche trovare un compagno di viaggio non mi esonererebbe dai rischi di girovagare come nomadi. Convivere poi si sa non è certo cosa facile neanche per una coppia collaudata, figuriamoci per due pseudo amici, oltretutto in uno spazio ristretto.

Qualunque siano questi handicap però, l’idea del camper non mi spaventa. Sono incline ai cambiamenti e l’idea di vivere in un posto ridotto mi stuzzica. Cercherei ovviamente di renderlo il più accogliente possibile, curando l’arredamento e i dettagli. Per sentirmi a mio agio in quei pochi mq organizzerei gli spazi al massimo, creando ripostigli e tiretti in ogni dove, per poter inserire tutto ciò che mi occorre. Punti fondamentali il bagno e la zona letto. Il primo dovrebbe essere perfettamente agibile e il secondo non claustrofobico. Irrinunciabile, il Wifi. Certo dovrei stravolgere la mia vita, sacrificando ogni comodità, ma il tutto sarebbe compensato dal vantaggio di sentirmi totalmente libera.

Per realizzare entrambi le soluzioni però, dovrei avere un conto corrente strabordante, che mi permetta di non dover più lavorare e coprire ampiamente tutte le spese. Quindi, la vedo molto dura. Pazienza. Comunque non smetterò mai di sognare, perché…sognare ad occhi aperti aiuta a vivere meglio.

Mummie fashion

In evidenza

ec339d75cf7845db66dadf667ffc2550

Quest’anno sono tornati di moda i vestiti elasticizzati. In tutte le versioni, corti, lunghi, con paillettes, fantasia o tinta unita. Le ragazzine si sono subito adeguate a questo nuovo trand, che poi nuovo non è, visto che è stato già sfruttato negli anni passati. Molte lo considerano un must perfetto per accentuare la femminilità, invece io non sono d’accordo. Mettere in risalto le forme non significa esaltarle, anzi i tessuti aderenti tendono ad involgarire.

So bene che i gusti dei maschi cozzano con i miei. Gli uomini infatti giudicano le femmine seguendo altri parametri. A loro basta riempirsi gli occhi con le curve, che più sono evidenti, più risultano appaganti. Invece, per me, le linee troppo sottolineate non solo sono dozzinali, ma fanno apparire queste fanciulle come tante mummie fashion. Di gran lunga trovo più seducenti i tagli morbidi, non smisurati o extra large, ma fluidi, appena definiti, quelli che accompagnano la silhouette, regalando grazia e sensualità.

Non dimentichiamo poi che l’abbinamento di un abito strizzato con le scarpe, è una vera e propria tragedia. Se scegli quelle col tacco rischi di sembrare un viados, se metti le sneakers le gambe si accorciano, diventando tozze. Meglio forse dei classici camperos o degli anfibi, comunque discutibili. Ma le mode si sa, colpiscono le masse, o chi non ha ancora uno stile preciso. La giusta formula del buon gusto è il “buon senso”, quindi per essere à la page, può bastare un solo accessorio moderno, purché si sposi perfettamente con il nostro look.

A volte, anche un taglio di capelli o un colore di tendenza, possono donare il colpo di luce giusto ad un viso, rendendo fashion un outfit, senza bisogno di seguire l’onda di una qualsiasi moda.

Surfisti in erba

In evidenza

surf-sulle-onde-del-mare-colorato-660x847

Giorni fa in spiaggia soffiava parecchio vento, quindi il mare era molto agitato, con onde abbastanza alte e spumose. Non certo come quelle australiane o delle Hawaii, però comunque adatte agli allievi della scuola di surf accanto al mio stabilimento. I ragazzini avevano l’occasione finalmente di provare le tavole in una giornata come questa, diversa dalle altre di calma piatta.

Mi hanno fatto una grande tenerezza, per il loro evidente entusiasmo. Sono entrati in acqua tutti eccitati, prima in fila indiana, ordinati, con le mutine scure e i capelli ancora asciutti, poi si sono sciolti in un vivace disordine, intenti a cavalcare le onde sotto la guida degli istruttori. Già si intravedeva nettamente chi spiccava tra gli altri. C’era chi cadeva ancora prima di salire sulla tavola, chi scivolava dopo un minuto, e due o tre invece che arrivavano più a riva degli altri. Non c’è niente da fare, ci si nasce con la predisposizione per lo sport. Puoi migliorare e perfezionarti, ma se non possiedi un talento innato, non potrai mai emergere. Erano molto carini da vedere, abbronzati e con i capelli lunghi schiariti dal sole, proprio come richiede lo stile surfer. Pur essendo abbastanza piccoli, erano fisicamente ben strutturati, con gambe atletiche e slanciate. Il tutto condito da quell’aria un po’ scanzonata da fighetti, che in questo caso ci sta alla grande. Anche le ragazze non sfiguravano, carine e soprattutto agili e già bravine. I loro movimenti erano fluidi e aggraziati, quasi sensuali. Infatti, le donne che praticano questo sport, anche se per quasi l’80% del tempo interagiscono con i maschi, difficilmente perdono la loro femminilità. Chi pratica surf segue una sua filosofia, quindi tende ad andare un po’ controcorrente, sorride, pensa positivo, affronta la vita con leggerezza e ama poco i fronzoli.

Non so se quei ragazzini planano con le tavole sognando “l’onda perfetta” come Bodhi in Point Break, ma in quegli occhi ho comunque intravisto brillare una luce adrenalinica, che mi ha fatto capire che è molto educativo spingere i bambini verso lo sport. Qualsiasi sia. Alcuni abbandoneranno strada facendo, ma quelli che continuano, avranno una marcia in più.

La fiera della vanità

In evidenza

figure-umane-donne-29

Oggi farsi fotografare è diventata l’espressione maniacale della nostra vanità. Non è certo cosa nuova, ma visto che ormai sui social i selfie e le pose sono la base per pubblicare storie e post, siamo diventati, chi più chi meno, fotomodelli dotati di un proprio book fotografico.
Quando chiedo a qualcuno di scattarmi qualche foto, al mare, in vacanza o in qualsiasi occasione, intuisco che anche se non lo dicono, quelle persone si rompono le palle e scattano tanto per, senza curarsi se stai bene o sembri un mostro. Essendo un’esteta, questo mi fa innervosire, perché il più delle volte tagliano i piedi o mezza testa, riprendono anche le persone che passano dietro, o non centrano l’inquadratura. Dopo lo scatto, per educazione, poi chiedono “Se non va bene te la rifaccio” ma io, anche se somiglio alla Strega Bacheca, per non fare la scassa minchia, rispondo “No…no ok, va benissimo!”. Giusto mia figlia ogni tanto ci azzecca, sempre se la trovo disponibile, cioè una volta su mille. Questo perché essendo una criticona, si rende conto se ho una postura sbagliata o risulto l’incrocio tra un tronco e una botte. Resta nella storia un suo commento una volta che avevo le trecce : “Sembri Heidi obesa”. Tutto dire. Però, nel mucchio, tra un “…Mà qui sei improponibile…questa è agghiacciante” e una risata sarcastica, alla fine dice “Bah, forse un paio sono decenti”. Almeno con lei non mi creo problemi e alla fine una foto presentabile ci esce. Mia nipote ci mette tutta la buona volontà, ma quando le dico in spiaggia “Slanciami, inarcami e fammi magra” scoppia a ridere e quindi va tutto a farsi friggere. Mia cugina, che condivide la mia stessa fissa per la perfezione, purtroppo pecca anche lei. Dovrei resuscitare giusto Richard Avedon per farmi diventare una strafiga. Invece mi devo arrabattare. Comunque non sono la sola in questo macabro scenario di marionette. Al mare capita di tutto. Le persone se ne fregano e nessuno si vergogna di apparire ridicolo. Sembra di stare in un set cinematografico. Fidanzati inginocchiati sui sassi con le rotule fracassate, che riprendono la propria donna sdraiata sugli scogli, in posa da pornostar. Mamme imbranate che non sanno neanche usare il cellulare, costrette a fotografare le figlie per una storia da pubblicare su Instagram. Anche se il sole brucia più del rogo di Giovanna D’Arco, devono concentrarsi per nascondere i temibili buchi di cellulite e qualche rotolo di ciccia, perché non sempre i filtri riescono a camuffarli. Idem per i gruppi di amici che, pur di avere foto insieme, fanno centinaia di prove con l’autoscatto, fino a che qualcuno, per pietà, non si presta ad aiutarli. L’esibizionista con una gnocca accanto, è invece l’unico che s’impegna. Pur di pavoneggiarsi le fa mille foto in costume, persino appesa a un albero o in bilico su di un dirupo. Non sono da escludere neanche certi maschi pieni di sé, che chiedono di farsi riprendere come machi, mostrando muscoli e tatuaggi. Insomma, si assiste ad un’ostentazione dell’ego quasi malata. Siamo diventati tutti schiavi dell’immagine, anche quelli che non lo danno a vedere. Infatti, guarda caso, se capita di fare una foto a qualcuno più riservato che odia essere ripreso, stai pur certo che subito dopo ti chiederà “Mi fai vedere com’è venuta? …Se non mi piace guai a te se la pubblichi”.

INCONGRUENZE

In evidenza

R

LA VITA È MERAVIGLIOSA…………………………………………………LA VITA È PROPRIO UNA MERDA

I SOLDI NON FANNO LA FELICITÀ…………………………………………..SENZA SOLDI MUORI DI FAME

SI PUO’ VIVERE BENISSIMO DA SOLI………………………….VIVERE SENZA CONDIVIDERE E’ TRISTE

L’AMORE E’ PIU’ IMPORTANTE DEL SESSO…………SE NON SI SCOPA, PRIMA O POI CI SI LASCIA

SENZA SALE IL CIBO NON SA DI NIENTE………………………………IL SALE FA VENIRE LA CELLULITE

L’ALCOL FA MALE ……………………………………..…………………………….SENZA ALCOL CHE VITA E’?

MANGIARE TROPPO FA INGRASSARE………………..MANGIARE TROPPO POCO CREA PROBLEMI

IL LAVORO NOBILITA L’UOMO………………………………SE PUOI NON LAVORARE SEI FORTUNATO

GIURO CHE NON LO FACCIO PIU’…………………………………………CI SONO RICADUTO DI NUOVO

I FIGLI SONO TUTTO…………………………………………………………I FIGLI DANNO SOLO PROBLEMI

NON CI SI SPOSA PER INTERESSE…………………………..I POVERACCI NON SE LI SPOSA NESSUNO

GLI UOMINI SPOSANO SEMPRE LE SERIE……………GLI UOMINI CERCANO SEMPRE LE ZOCCOLE

NON VOGLIO MAI PIU’ SOFFRIRE…………………………………………….LA SOFFERENZA FORTIFICA

CONTA PIU’ ESSERE BELLI DENTRO………………….SE SEI BRUTTO NON VAI DA NESSUNO PARTE

NON VEDO L’ORA DI ISOLARMI DAL MONDO…………………….. SE MANCA IL WIFI SONO PERSO

QUESTO CALDO E’ INSOPPORTABILE……………….CHE FREDDO MA QUANDO ARRIVA IL CALDO?

Brividi che porto nel cuore

In evidenza

IMG_20220803_212135

Abu Simbel   /   I grattacieli di Manhattan  /  Il panorama di Instanbul sotto la luna

Playa Paraiso a Cayo Largo  /   Il Souk di Fes   /   L’ingresso al Tempio di Petra

Il deserto del Sahara   /   Le Domaine Les Pailles alle Mauritius   /   New Orleans

L’Acquario di Dubai   / Il Palazzo Reale di Bangkok  / Varanasi e la cerimonia sul Gange

Ogni angolo di Capri/Il London Eye/Chicago in battello by night   / La Fontana di Trevi

Il Canto della Playa sull’ isola di Saona   /   La Cappadocia e i Camini di fata

Il Fisherman’s Wharf di San Francisco /   Il Ponte Carlo a Praga di notte

La spiaggia dello sbarco ad Arromanches in Normandia   /  Auschwitz e Birkenau 

Il Taj Mahal al tramonto   /   Lo Skydeck della Willis Tower a Chicago  /  Time Square

Marina Bay di Singapore by night   /   L’Eremo di San Bartolomeo in Abruzzo

Il Tempio di Ranakpur in India   /   L’interno della Sagrada Familia   /  Luxor 

Stromboli dal mare di notte   /   Il Ponte di Brooklyn   /   La Basilica di San Pietro

Il Cristo Velato e la Cappella di San Severo   /   L’Atollo di Pemba a Zanzibar

Il Cimitero nazionale di Arlington    /   Disneyland Paris-Disneyworld-Disneyland

Il Golden Gate   /   Le Torri Gemelle   /   L’Hermitage di San Pietroburgo

Le Piantagioni di Oak Alley a New Orleans   /   Il Santo Sepolcro a Gerusalemme

Pamukkale in Turchia   /   La scalinata del Sacre Coeur al tramonto   /  Oia a Santorini

Il Giardino botanico di Montecarlo   /   Ait-Ben-Haddou in Marocco

La Chiesa di San Juan Chamula in Chiapas   /  Il Farsha cafe by night a Sharm el Sheik

Le spiagge della Sardegna   /   Le miniere di sale di Wieliczka in Polonia

Il Parco Tsavo East in Kenya  / La Grande Moschea di Cordova  /

Il Chiostro di Santa Chiara a Napoli   /   La città fantasma di Famagosta a Cipro

L’isola di Antipaxos in Grecia   /  L’Hotel San Pietro a Positano

Il sito di Palenque in Messico   /  La Grand Place di Bruxelles  / Il panorama di Napoli

Il muro del pianto a Gerusalemme   /   La Basilica di San Francesco D’Assisi

Il mercato San Miguel a Madrid   /   I mosaici di San Vitale a Ravenna

Abbuffate compulsive

In evidenza

IMG_20220720_232551

Mi dovete spiegare cosa vogliono dimostrare quei tipi che sui social mangiano a crepapelle facendo schifezze di ogni sorta, col microfono attaccato alla bocca, per amplificare ogni più piccolo scricchiolio, accompagnato da grossi sorsi con risucchio. Masticano e aspirano in stereo, come in un film con effetti sonori ultra speciali. Usano quasi sempre le mani o le classiche bacchette. Tracannano di tutto : pesce cotto o crudo, polipi che sembrano piovre, mega salsicce, wurstel simili a lombrichi giganti, polpette jurassiche, spaghetti o ramen ammassati come gomitoli, capelli d’angelo ricoperti di formaggio filante, con il quale non so come fanno a non strozzarsi. Ingoiano crostacei di ogni genere, panini con hamburger a tripli strati, che neanche Poldo sarebbe mai riuscito a divorare. E poi ancora carrettate di uova, affilate una dietro l’altra, mescolate con montagne di riso bianco. Non è solo la quantità che sorprende, ma come la condiscono. Intingono infatti i cibi in salse rosse così vivide da sembrare persino finte. Spruzzano chili di maionese gialla più del giallo, immergendo i bocconi in fiumi di intingoli piccanti e soja, dove galleggiano come boe.

Questi matti da legare sono i Mukbang, perlopiù coreani. La prima volta che ne ho visto uno era una ragazza, un’orientale dalla faccia irritante, che è poi la star di questa strage gastronomica. Truccata come una geisha, col rossetto rosso laccato, super indelebile, che sopravvive anche dopo l’ingurgitamento. Oggi, a cavalcare l’onda mediatica, sono spuntati tanti altri maniaci, asiatici e non, altrettanto insaziabili. Si preparano la tavola imbandita con piatti, scodelle e mega vassoi e poi iniziano ad abbuffarsi senza un domani, ingozzandosi come maiali. La cosa incredibile è che non ingeriscono il cibo senza masticarlo, ma riescono a tritare tutto quel mischiume immondo fino al boccone seguente, con grande precisione. Veri e propri professionisti di scorpacciate.

Sarei curiosa di conoscere chi ha inventato questa mania compulsiva. Una scia di blogger bulimici che non sanno come passare il tempo o magari cercano di raggranellare qualche soldo tra You Tubers e Instagrammers. A questo punto molti si chiederanno perché li guardo. Semplice, per vedere fino a dove riescono ad arrivare, se poi esiste mai una fine. Quello che mi domando io invece è : <Ma come fanno questi fenomeni a restare magri e a non ingrassare?> Va a finire che se Buddha da quelle parti avesse lanciato il Mukbang Whatching, forse non avrebbe avuto quella pancia.

Nail Art

In evidenza

IMG_20220713_161449

Negli ultimi anni c’è una moda che ha preso molto piede : il make up delle unghie. Andrò anche contro corrente, ma io la trovo estremamente kitsch. Rispetto massimo per gli addetti ai lavori, a mio avviso molto creativi, non capisco invece chi sceglie di sottoporsi a questo travestimento ungueale. Si tratta infatti di una vera e propria trasformazione delle unghie. Una moderna cura estetica, che va oltre l’aspetto curativo. Tra l’altro è anche molto complessa, se si pensa al tempo che ci vuole per rimuovere lo smalto, limare, rifinire, ricostruire con resine e cartine, incollare, decorare e poi fissare i vari strati con una serie infinita di liquidi. Quando vedo donne che gesticolano con mani simili ad artigli, mi viene in mente “Edward mani di forbice”. Sì, perché con quelle unghie da arpia affilate come coltelli, rischiano di graffiarsi ogni volta che si sfiorano il viso o altro. Poveri uomini che capitano sotto quelle grinfie. Non so come riescano a digitare sul Pc, lavarsi i capelli, preparare gli gnocchi, scrivere messaggi, truccarsi, e non oso pensare altro.

Le versioni artistiche sono molteplici. Nella maggior parte dei casi ogni unghia ha una sua anima personalizzata. Possono essere 4 monocolore e 1 decorata, o al contrario 4 fantasia e 1 monocolore. Altra variante è che tutte e 10 hanno stili contrastanti. Di tendenza sono anche la french, classica o colorata, i disegni etnici o geometrici e le varianti natalizie. L’unica cosa che mi affascina è scoprire come realizzare certi risultati, che una volta ottenuti, appaiono come vere e proprie opere d’arte. In questo settore infatti non c’è limite per la fantasia. Questa tecnica infatti non è altro che la Pop Art della Nail Styles, un’espressione artistica talmente astratta, da fare le scarpe persino a Andy Wharol. Spesso mi soffermo sui social a guardare la varietà dei materiali e i procedimenti di queste soluzioni. Utilizzano ogni cosa : paillettes, ghirigori, fiorellini, faccine, Swarovski, cuoricini, glitter e polveri colorate. Il tutto viene lavorato con micro bastoncini, pinzette, pennellini e poi fissato con strati di lucidanti, colle e gel semipermanenti. Un vero e proprio decoupage che a mio parere però non abbellisce, ma involgarisce.
Altra cosa è avere un manicure perfetto. Quello mi piace, anzi, invidio chi ha delle belle mani curate e perfette, col giusto equilibrio di forme e colori. Io solo in casi eccezionali ricorro all’estetista per migliorarle. Nel quotidiano mi arrangio da sola, spesso facendo pasticci. Per fortuna uso solo smalti trasparenti o tinta carne, per cui sono facilitata. Oltretutto le mie unghie sono lunghe pochi millimetri, quindi non posso graffiare. Però attenzione, potrei mordere.

Maturità

In evidenza

studiare-libri-esami

Passando oggi a piedi davanti ad un liceo, ho visto un gruppo di ragazzi gioiosi che esultava facendo esplodere coriandoli colorati da tubi ad aria compressa. Un gioco pirotecnico di gran moda. Erano elettrizzati e felici, probabilmente per aver terminato le prove scritte degli esami di stato. Un primo step prima di liberarsi da questo peso opprimente. Come non condividere il loro entusiasmo, a pochi passi dalla fine di un ciclo scolastico duro e faticoso, prima di godersi una meritata vacanza. Hanno tutta la vita davanti per scegliere cosa fare e che strada seguire. Provo quasi un pizzico di malinconia nel pensare che io “ho già dato” e non ho più queste chances. Con tutto ciò non riesco ad uscire comunque dal tunnel di questi ricordi angoscianti e continuo a sognare molto spesso di trovarmi di fronte alla commissione inquisitrice che mi interroga in attesa del verdetto finale, mentre resto a bocca chiusa e penso : < Non so niente… e ora come faccio?> Che incubo. Eppure non andavo tanto male a scuola, specialmente in italiano, geografia, anatomia e le materie artistiche. Mi sono diplomata con un buon voto, ma non sono mai stata una sgobbona e odiavo studiare. Ho cercato sempre di arrangiarmi con qualche escamotage, mettendo a frutto la memoria, un po’ di astuzia e un pizzico di creatività, aiutata da una dialettica naturale che mi ha facilitato anche nello scrivere. Oltre a questo sogno ricorrente, c’è ne è un altro che mi perseguita e che non so proprio come spiegare. Lo sintetizzo : come una cretina e senza un perché, continuo per scelta la scuola anche dopo il diploma. Una specie di frequentazione bis senza senso, saltuaria, in base ai miei ritmi, destinata a finire prima di fare l’esame di stato, ormai inutile, perché già superato. Il guaio è che le cose non vanno come ho programmato e mi ritrovo costretta a presentarmi comunque davanti ai Prof, preparata su tutte le materie. A quel punto, presa dal panico, guardo a casa tra le scartoffie per cercare il diploma, ma non lo trovo. Allora vado in segreteria per reperire in archivio uno straccio di attestato che dimostri la mia tesi. Un rebus senza risposta, perché poi puntualmente mi sveglio e non saprò mai come ne uscirò fuori. Non sono la sola però ad avere questo sogno ricorrente, sento dire che capita a molti, evidentemente perché la tappa obbligata della maturità è un peso che segna le vite di tutti gli studenti.

In ogni caso, a parte i sogni, gli incubi e le paturnie, IN BOCCA AL LUPO RAGAZZI, la vita è tutta vostra.

Elvis

In evidenza

290943536_10221127253987303_1289397479082346148_n

Elvis un film da vedere assolutamente, anche perché insieme a Top Gun, è in vetta alle classifiche con incassi da record e farà parlare a lungo critica e pubblico. Baz Luhrmann conferma le sue doti di regista affascinante e innovativo. Seduce già dai luccicanti titoli di testa, che con borchie, lustrini e paillettes fanno da cornice al film. Il suo stile inconfondibile accompagna lo spettatore in un’atmosfera carismatica, proiettandolo magicamente in uno scenario caleidoscopico. Scenografia, fotografia, costumi, trucco, montaggio e sonoro si fondono in un’armonia perfetta.
Tom Hanks incarna (in senso stretto vista la mole) il Colonnello Tom Parker, un personaggio infido e ambiguo, di cui molti probabilmente neanche conoscevano l’esistenza. Sarà lui a trascinare Elvis al successo, ma anche verso la rovina. Con il suo viscido modo di fare lo porterà oltre ogni limite della resistenza fisica, spremendolo come un limone. Lo rigirerà a suo piacimento verso scelte forzate, soltanto per curare i propri interessi ed appianare subdoli intrallazzi.
Elvis, completamente soggiogato da questo scaltro figuro mascherato da finto buono, subirà una violenza psicologica fino al limite estremo. Tra questi due mostri talentuosi del cinema, a sorpresa spicca incontrastato Lui, Austin Butler, che spiazza tutti con un’ interpretazione magistrale. Bello, espressivo, somigliante senza risultare una caricatura, ci fa rivivere la vita di questo personaggio così amato. Ero molto curiosa di approfondire la sua storia, perché a quei tempi l’ho vissuta superficialmente. Non sapevo per esempio che era morto a soli 42 anni e neanche quanto la sua fama lo avesse reso un’ icona di ribellione e libertà in un momento in cui l’ America era al centro di problematiche razziali e politiche davvero delicate. È anche questo il fulcro del film che il regista ha voluto denunciare e mettere in risalto. Il protagonista ha dovuto studiare per due anni la sua parte, curando ogni minimo dettaglio che potesse far emergere non solo le movenze e lo swing del Re del rock, ma soprattutto la sua anima fragile con un gran vuoto interiore. Davvero bravo. Interessanti anche i personaggi minori, comunque azzeccati e significativi. La colonna sonora è lo scheletro del film. Emozionante. Si passa dalle canzoni più tradizionali legate ad Elvis, alle rivisitazioni mixate in chiave moderna, che si ascoltano di seguito nei titoli di coda. Consiglio per questo di restare fino alla fine per sentirle tutte, compresa la ballata dei Maneskin.
Alla fine ho trovato molto toccanti le sequenze di repertorio con il vero Elvis, specialmente l’addio alle scene sulle note di Hunchained Melody che mi ha toccato il cuore, facendomi commuovere ed uscire dalla sala con un velo di malinconia.

Blood & Coffee

In evidenza

coffee-1829984_960_720

Ogni volta che devo fare un prelievo di sangue, mi tornano in mente ricordi legati al passato. Quando ero molto piccola, per un soffio al cuore, dovevo sottopormi ogni tot a vari test di controllo. Un incubo. Mi accompagnava sempre mio padre. Solo una cosa rendeva la mia angoscia meno traumatica : fare subito dopo la colazione al bar, un privilegio che in quel caso aveva esclusivamente lo scopo di reintegrare il sangue perduto a digiuno. Ai miei tempi, infatti, andare al bar era considerata una cosa futile, quasi d’elite. Al mattino mi toccava una zuppa di latte con i biscotti, o pane burro e zucchero. Nient’ altro. Ecco perché, mentre il dottore mi tirava il sangue, ad occhi chiusi, per non pensare a quell’ago fastidioso, mi immaginavo già seduta al tavolino, pronta a ordinare tutto quello che desideravo, estasiata come una principessa nel suo magico regno. Non è difficile intuire perché poi questa consuetudine sia diventata per me un rito godurioso.

Per la generazione del 2000 invece non è un’esclusiva, ma qualcosa di scontato. Non so se a voi capita mai verso le 8.30/9.00 di incappare in qualche caffetteria accanto ad un Liceo, un Istituto, o scuola che sia. Si incrociano frotte di ragazzi a gruppi di due, tre o anche più, che davanti a cappuccini, cornetti, caffè e sigarettina, si lamentano dei compiti, tremano per le interrogazioni, fanno pettegolezzi su quello e quell’altro, o si raccontano come vanno gli ultimi flirt. Hanno un atteggiamento un po’ borioso, un look all’ultima moda, zaini fighi e l’aria di chi non ha problemi di money, anche perché tanto, quei 3 euro della colazione li pagano mamma e papà. Io li guardo con leggera invidia, facendo un confronto oggettivo con gli anni ’70, in cui prima di entrare al Liceo artistico, a stento riuscivo a chiedere i soldi per comprare fogli, gessetti e carboncino per le ore di ornato e figura. Noi la merenda la portavamo da casa, la famosa “stozza”, che sistematicamente veniva rubata ad un tizio preso di mira. Una forma di bullismo innocente, che però oggi avrebbe sicuro altri risvolti. Per alcuni di noi era già un lusso riuscire a comprare una pizzetta a ricreazione, nello scatolone rettangolare poggiato sul tavolo della bidella. Ricordo ancora quel profumo di forno che si cominciava a percepire nel corridoio già dieci minuti prima del campanello. L’acquolina in bocca era così potente da farci apparire quel cartone unto e bisunto, ancora più prezioso del tesoro di Barbanera.

Comunque, anche se cambiano i tempi, le usanze e le abitudini, quando esco da un laboratorio di analisi, non vedo l’ora di correre in un bar e non per compensare quei 25/30 ml di sangue in meno, ma per rivivere quegli attimi perduti col mio papà. Una intimità che apparteneva solo a noi, ancora più dolce di qualsiasi pasticcino, torta o croissant.

Come una Matrioska

In evidenza

R

Dentro me c’è un’altra me, e dentro quella ce ne è ancora un’altra, e poi un’altra ancora, proprio come una Matrioska. Quella che appare all’esterno è la più grande, rotonda, consistente. E’ dipinta con decori marcati, fiorellini e ghirigori colorati, curata in ogni dettaglio. Quando l’apri spunta la seconda, che è comunque carina, ma meno della prima e già cominci a notare qualche differenza. Per non parlare poi della terza, dove la fisionomia inizia a scomparire. I particolari svaniscono e tratti e colori sono meno definiti. Mano mano che vai avanti, le dimensioni si restringono sempre più e le forme si assottigliano, fino a scomparire del tutto. Ciò che resta alla fine è solo un misero abbozzo, dai lineamenti appena accennati.

Mi rivedo molto in queste bamboline concentriche, perché rappresentano il collage variopinto della mia personalità. Sono copie scannerizzate di me, cloni scomponibili racchiusi in una scatola magica. Aspetti controversi che uno dentro l’altro riescono a convivere perfettamente, ma quando li vai a scoprire, rivelano molte diversità. Sono la mamma di me stessa, ma anche la madre di tante piccole bambine, dipinte e smaltate, che mi somigliano parecchio, ma ad ognuna di queste figlie manca comunque qualcosa per essere totalmente me. Non si svitano facilmente e quando cerchi di aprirle scricchiolano, quasi non volessero uscire. Sono strati interconnessi dei miei stati d’animo, che si integrano e si completano, fondendosi l’uno con l’altro. E’ difficile individuarli, possono essere scovati solo se si ha la pazienza di andare in profondità.

In apparenza la più bella di queste bimbe paffutelle è la prima, mentre l’ultima è decisamente bruttina e insignificante. Eppure questa specie di bozzolo informe è la parte a cui mi sento più legata, quella invisibile, l’essenza pura della mia natura. Ma è proprio per questo, che una volta arrivata al midollo, preferisco richiudere ogni involucro e ricomporre le bambole come erano in origine, mostrando solo la prima, quella dall’aspetto migliore.

Però, in fondo, siamo tutti Matrioske, schiavi del nostro IO molteplice.

Top Gun

In evidenza

aereo-militare-caccia-bombardiere-da-guerra

Appena uscita dal Cinema, un mio commento a caldo : TOP GUN mi è piaciuto un sacco. Pensavo fosse meno bello del primo, invece è anche meglio. Il nr 1, diretto da Tony Scott, uno dei miei registi preferiti, è un mito, un cult, per ambientazione, trama e personaggi, ma soprattutto perché all’epoca è stato un film originale nel suo genere. L’ho rivisto di nuovo ieri sera in tv e ammetto che non mi è sembrato vintage, ma ancora attuale. Però questo, ha qualcosa in più, almeno per me. Fondamentale vederlo prima, perché sono comunque collegati. E’ stata un’impresa coraggiosa rimettere in piedi Maverick con la stessa grinta e animosità dopo più di 35 anni, ma Tom Cruise pondera bene le sue scelte e sa che non sono affatto delle “Mission Impossible” anzi, non sbaglia mai un colpo in questo senso. Unico neo, poteva evitare la tinta mogano scuro e una serie di filler, sarebbe stato più credibile con qualche filo sale pepe e un paio di rughe, ma ahimè, la vanità non ha confini, neanche per lui. Commovente la brevissima partecipazione di Val Kilmer, che nonostante la sua reale condizione fisica, assai precaria, ha voluto regalare un tocco di nostalgica autenticità alla storia. Un gesto molto coraggioso, che merita tutta la mia stima.

L’Anema di Guido

In evidenza

194026937-26678291-6678-4cca-a21d-df77e25d0a7a

Ci ha lasciato anche lui, Guido Lembo, un mito per tutti quelli che come me, ha frequentato per anni “L’Anema e Core” a Capri. Un mito e una leggenda per molti. Quante nottate passate insieme alle sue canzoni, la sua chitarra e la sua verve instancabile, sotto i flash di Foto Rosso e Foto Azzurro. Si arrivava vestiti di tutto punto come lo stile caprese imponeva, ma una volta entrati lì dentro, perdevamo ogni remora, ballando fino allo sfinimento, sudati, un po’ brilli e pieni di inesauribile energia. Non era entusiasmo finto, perché chi conosceva Guido sapeva che era un vero trascinatore, un personaggio che riusciva a risvegliare ” l’anema” anche ai più timidi. Oggi i locali a Capri sono molto cambiati, le mode e lo stile di vita sono mutati e anche se si va ancora in quel posto, non si percepisce più la stessa atmosfera di quei tempi magici, che ho avuto la fortuna di vivere. Guido è stato il precursore dei balli sui tavoli, una moda che poi è stata copiata dalle nuove generazioni. Persino io ho ceduto alla mia timidezza salendo su quei tavolini di legno traballanti, per ballare con le amiche, gasate ma spontanee, libere, perché niente in quell’angolo caprese era artefatto. La luce era al minimo, ma noi brillavamo lo stesso, perché figli di un periodo d’oro nel quale ci sembrava di essere invincibili. La sorte però non si può manipolare, dobbiamo subirla. Comunque sia.

Caro Guido, sei stato un grande, un combattente, e ti ringrazio per tutto ciò che ci hai lasciato : i ricordi di un piccolo paradiso, in quel paradiso che è l’isola di Capri.

Miti e leggende

In evidenza

mit-696x431

Sono affascinata dalla mitologia. E’ piena di eroi e personaggi curiosi che incarnano qualità e vizi comuni a tutti gli esseri umani. Era attraverso i miti infatti che i Greci spiegavano i comportamenti e le caratteristiche del mondo che li circondava, permettendo la sopravvivenza e la continuità del loro popolo. Il continuo tramandarsi dei racconti attraverso le varie culture, ha dato vita ad alcuni temi ricorrenti somiglianti tra loro, come l’origine dell’universo, del sole, dei fenomeni naturali e di tutti gli eventi storici delle varie civiltà. Alcuni erano Dei, oppure uomini comuni dotati di poteri eccezionali. O ancora esseri soprannaturali, creature fantastiche e animali mostruosi. Non ci sono riferimenti storici ben precisi e i luoghi solitamente sono immersi in un’atmosfera surreale o immaginaria. Per questo motivo il termine mito indica qualcosa di fiabesco e irraggiungibile.

Avvicinare i bambini alla mitologia significa trasmettere loro i valori di un popolo. Sono principi rimasti immutati nel tempo, che raccontano qualcosa sul nostro mondo, su quello che era e sulle credenze che avevano le antiche popolazioni. La mitologia infatti lancia un messaggio che permette ai più piccoli di conoscere culture lontane, ma anche la storia e la geografia in maniera quasi fumettistica. In questo modo i bambini vengono stimolati con una precisa funzione pedagogica perché alimentando la loro curiosità, possono così diventare ancora più intelligenti. Grazie al potere delle leggende possono fare un confronto diretto tra i comportamenti esistenti nell’antichità e i supereroi dell’era moderna, personaggi dotati appunto di superpoteri. Il mito oggi è senza dubbio il sistema migliore per coinvolgere i bambini, stimolarli a riflettere e a ragionare, per poi spingerli a trarre le conclusioni che ritengono più vicine alla realtà.

Gli Dei dell’Olimpo sono tantissimi, ognuno con una sua storia epica che affascina. Benché potenti ed immortali, assumono forme e comportamenti tipici dei comuni mortali. Si innamorano, si arrabbiano e litigano come qualsiasi essere umano. Traccio una sintesi ermetica dei loro nomi, tanto per rinfrescare la memoria a chi ha abbandonato gli studi da tempo, il mio Bignami dell’Olimpo.

Zeus, figlio di Crono, è il padre degli Dei, il Dio del cielo. Il suo punto debole erano le donne, anche mortali, con le quali si accoppiava e dalle quali nacquero vari figli. Aveva 5 fratelli : Era, sorella e moglie, sempre in lite con lui. Demetra, la Dea della fertilità, Estia quella del fuoco e del focolare domestico, Poseidone, il Dio del mare e infine Ade, il signore degli Inferi. La miss era però Afrodite, la Dea della bellezza e dell’amore. Proteggeva gli amanti e gli innamorati. Nacque dalla spuma delle onde del mare e fece stragi di esseri mortali e divini, a volte con conseguenze tragiche. Sposò Efesto, il protettore del lavoro di fatica, con un matrimonio combinato. Siccome suo marito era zoppo e deforme, Afrodite diventò l’amante di Ares, il Dio della guerra ed eterno rivale di Atena, la Dea della saggezza e della conoscenza. Eolo era il Dio dei venti, mentre Apollo il bellissimo Dio delle arti, della musica e della preveggenza. Artemide, la sorella di Apollo, era la Dea della caccia, Dioniso il Dio del vino ed Eros, figlio di Afrodite, come la madre incarnava il Dio dell’amore, colui che lanciava le frecce che facevano innamorare. E poi ecc. ecc.

Mi piacerebbe studiare a fondo la mitologia, sia la greca che la romana per approfondire tutti gli episodi leggendari che la compongono. E’ infatti proprio dall’insieme delle leggende che viene fuori il collegamento con la storia, quella vera, l’origine dei suoi personaggi, il significato e l’etimologia di tante parole, spesso a noi sconosciute. Se poi studiando incrocerò un Dio sulla mia strada, sarà ancora meglio.

Pasqua

In evidenza

3355621656_66c57ede6d_b

La Pasqua è la mamma della Pasquetta.

E’ la moglie del Natale, l’amante del Capodanno

e una fan di San Valentino, quindi odia l’Immacolata.

E’ la sorella del Carnevale e la cugina di tutti i Santi.

Si sente libera come il 25 Aprile, seria come il 2 Giugno,

ma soprattutto amica di tutte le donne.

Un metro nel portafoglio

In evidenza

OIP

Il senso del risparmio non è uguale per tutti. Ognuno ha un metro nel portafoglio col quale misurare i propri soldi. Le priorità infatti cambiano da individuo a individuo e nessuno può giudicare o sparare sentenze su come uno spende il suo denaro. Io sono un bersaglio facile in questo senso, perché spesso mi sento presa in causa. Quello che balza agli occhi nel mio caso è la mania compulsiva per i viaggi che fa pensare a molti che sperpero i miei averi. Questi inquisitori non sanno però che io viaggio sempre low cost e anche quando scelgo mete più impegnative, sono comunque sempre alla mia portata e studiate al millesimo per non spendere troppo. Un esempio : anni da sono riuscita ad organizzarmi 2 settimane a Zanzibar, in singola, in un resort sulla spiaggia, tutto incluso, volo e trasferimenti, a soli 900 euro.

Idem per l’abbigliamento. Apparentemente do l’idea che investo parecchio in abiti, scarpe e quant’altro, invece è l’esatto contrario. Ho gli armadi pieni è vero, ma se dovessi sommare i costi di ogni capo, accessori compresi, forse raggiungerei a malapena il prezzo degli slip di Kim Kardashian. I miei standard infatti sono massimo 20 euro per le scarpe 15 per un abito, 25 per un capo spalla e 10 per una borsa. Compro quasi tutto dai cinesi o nelle catene a basso costo, sfruttando offerte e sconti, o nei mercati, dove con 20 euro riporto a casa bustoni di roba. L’unica mia eccezione è per i capelli, che una volta al mese affido al top dei parrucchieri. C’è chi preferisce acquistare capi firmati, borse costose, andare in ristoranti stellati o girare per bar e locali. Altri spendono e spandono in cose per loro più importanti. Io non faccio i conti nelle loro tasche. Sostengo che siamo liberi di organizzare le finanze secondo la nostra scaletta e la mia, in cima, continua ad avere altri viaggi, anche se ora, solo a corto raggio.

 

Incubi maligni

In evidenza

R

Durante la notte sogno molto. Mi vivo proprio dei film, con tanto di sceneggiatura, attori principali, co starring e scenografia. Sono film di ogni genere. D’amore, di avventura, di azione, commedie e purtroppo anche thriller e horror. Quando vivo temi leggeri o passionali chiaramente non vorrei mai svegliarmi e invece, che sfiga, mi capita ogni volta di aprire gli occhi proprio sul più bello, senza preavviso, interrompendo quei momenti emozionanti. Guarda caso, questo non accade mai se invece sogno cose spaventose, che al contrario non finiscono mai, anzi replicano i frame di quei film raccapriccianti.

Prendo spunto da questa premessa per raccontare un incubo che ho avuto notti fa. Ero in un contesto di vita quotidiana, quando all’improvviso nelle vicinanze ho avvertito una presenza maligna nell’aria. Ad un certo punto questo spirito malvagio mi è salito sopra le spalle e si è messo a cavalcioni sulla schiena, cingendomi il collo con le mani. Volevo scrollarmelo di dosso, ma lui continuava a stringermi sempre più. Presa dal panico ho cominciato ad urlare : <AIUTO AIUTO!!!> per attirare l’attenzione delle persone che erano in fondo alla strada, ma nessuno mi sentiva. Cercavo con forza di togliere le  mani di quell’essere immondo dal mio collo, ma era un’impresa impossibile, visto che le dita di una creatura demoniaca sono incorporee. Quindi, sempre più atterrita, continuavo a chiedere : <AIUTATEMI AIUTATEMI!!> Pensavo fossero urla mute, come spesso mi capita nel sonno. Quando si sogna si ha infatti la sensazione di gridare a voce alta come se tutto fosse reale, ma poi ci si accorge che è solo un effetto ingannevole. Questa volta però urlavo davvero. Mia figlia, avvertendo queste mie grida, pur se le giungevano attutite, si è svegliata di colpo ed ha aperto la porta della sua stanza per capire da dove provenissero. Io, non so come, all’improvviso sono tornata alla realtà, spiegandole che avevo avuto un incubo. Non è stato facile riprendere il sonno dopo questo episodio scioccante. Avevo paura di chiudere gli occhi e riprendere il mio film d’orrore dal punto dove lo avevo lasciato. Cosa possibile, al contrario di quando sogno di baciare l’uomo più figo del mondo. Così ho cazzeggiato un po’col cellulare per perdere tempo, anche se tra un like e l’altro avevo sempre stampata nella mente quella scena allucinante. Poi, crollando di stanchezza, ho deciso di dormire lasciando la luce accesa, così da potermi sentire nel mondo reale, in caso di altri incubi. Non è difficile capire il motivo di questi episodi, visto che sono oppressa da una marea di problemi che pesano come macigni e anche dalla cervicale che ogni notte mi assale.

C’è comunque solo un rimedio per questo. Visto che per ora i guai non tendono a passare, posso solo prendere una camomilla, o imbottirmi di tranquillanti.

Quelli che… (Jannacci by Piera)

In evidenza

OIP (2)

Quelli che si soffermano sui miei post

Quelli che invece passano oltre

Quelli che si ammazzano di lavoro

Quelli che s’ammazzano perché non ce l’hanno….oh yeah

Quelli che vivono sui social

Quelli che non sanno cos’è un tag

Quelli che sono spesso innamorati

Quelli che non lo sono mai stati….oh yeah

Quelli che hanno avuto il covid

Quelli che non l’ hanno preso

Quelli che vivono per mangiare

Quelli che mangiano per vivere….oh yeah

Quelli che sono disposti a fare un’orgia

Quelli che sono ancora vergini

Quelli che hanno un mucchio di soldi

Quelli che hanno un cumulo di debiti….oh yeah

Quelli che adorano viaggiare

Quelli che non hanno manco il passaporto

Quelli che guardano Sanremo

Quelli che piuttosto mi suicido….oh yeah

Quelli che amano farsi una famiglia

Quelli che amano essere single

Quelli che si scoprono per abbronzarsi

Quelli che si coprono per evitare il sole….oh yeah

Quelli che s’incazzano con tutti

Quelli che nulla li fa incazzare

Quelli che non chiudono occhio

Quelli che crollano appena li chiudono….oh yeah

Quelli che comprano brand e vestiti firmati

Quelli che comprano pezze solo ai mercati

Quelli che odiano andare in palestra

Quelli che si odiano se non vanno….oh yeah